Berlusconi e le prospettive del centrodestra (con uno sguardo al 2013)

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Il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi

Il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi

di Andrea Di Bella

Esistono numerose tesi politiche-elettorali che guardano con occhi scettici ad un nuovo colpo di coda di Silvio Berlusconi e di Forza Italia alle prossime elezioni Politiche, oltre che alle prossime elezioni amministrative nelle grandi città Milano, Bergamo e adesso anche Roma, dopo la disastrosa fine dell’esperienza del centrosinistra a guida Ignazio Marino. Sono false o non del tutto esatte alcune ricostruzioni che descrivono come si arrivò al clamoroso pareggio elettorale del centrodestra in occasione delle elezioni Politiche del 2013, e le altre secondo cui non potranno mai verificarsi nuovamente le medesime condizioni. È vero che le Politiche del 2013 si tennero con un governo dimissionario (Monti) costituito da personaggi grigi, tristi e antipatici. Abbastanza facile sostenere come, nel generale clima di insicurezza e timore fiscale, ci si potesse inserire con qualche trovata spettacolare: abbassare, togliere e addirittura restituire l’IMU. Ed anche sostenere come oggi esista una compagine di governo di tutt’altra empatia e di tutt’altre promesse. Da qualche parte si legge anche come Renzi, astutamente, stia togliendo l’asso a Berlusconi promettendo lui stesso di azzerare l’imposta sulla prima casa. Le cose non stanno esattamente così.

Anzitutto, preme ricordare come nel 2013 fu lo stesso Silvio Berlusconi a proporre pubblicamente al premier uscente Mario Monti di fare da collante tra i moderati. Monti rifiutò, candidandosi alla premiership per una coalizione di centro (con Casini e Fini), mentre a Berlusconi toccò ancora il compito di mettere in atto una galoppante campagna elettorale, dichiarando pubblicamente che se il centrodestra avesse vinto avrebbe preferito – non si sa quanto fosse vero – assumere il ruolo di ministro dell’Economia (Dopo anni, Mario Monti ha dichiarato al giornalista Alan Friedman che “Mi candidai per evitare che Berlusconi andasse o al Governo o alla Presidenza della Repubblica”, dimostrazione del fatto che Berlusconi nel 2013 non solo era competitivo, ma addirittura per taluni perfino politicamente pericoloso). Inoltre, relativamente la promessa di azzeramento dell’odiosa tassa sulla prima casa, Berlusconi nel 2013 ed anche oggi, risultava e risulta essere universalmente il più credibile dei leader in campo, per il semplice fatto che dal 2001 ad oggi è stato l’unico a stipulare e a mantenere la promessa di abolire l’ICI sulla prima abitazione. Non una promessa spettacolare, anzi spettacolare e fattibile. Non sarà quindi Matteo Renzi ad aver fregato Berlusconi tirandogli da sotto il naso un cavallo di battaglia strappa voti. Più semplicemente sarà stato Renzi a copiare Berlusconi, e di questo gli elettori avranno modo di ricordarsi a tempo debito. Si parla anche di “governo dei grigi”, riferendosi all’esecutivo tecnico presieduto da Monti, dimenticandosi che quello di Renzi – pur essendo un governo politico – è stato, resta e continua ad essere un governo non eletto dai cittadini. Un esecutivo che non è specchio di una maggioranza parlamentare venuta fuori da una regolare competizione elettorale che abbia segnato candidamente un risultato chiaro ed incontrovertibile agli occhi dei cittadini elettori. Di questo gli italiani hanno preso senza dubbio contezza.

Capitolo giustizia. Berlusconi tiene a mente in modo continuo la sua condizione. E’ vero che non ha più un motivo per combattere ferocemente: la condanna per frode fiscale, sia pure incredibile, è definitiva (restano in bilico alcuni pronunciamenti relativamente il processo Ruby ter). Ma resta il giudizio pendente della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (che da taluni viene derubricato senza alcun valido motivo), il cui pronunciamento è atteso nelle prossime settimane, presumibilmente agli inizi del 2016. Un pronunciamento che, se nei termini preannunciati dai legali dell’ex premier, potrebbe completamente stravolgere la sentenza di Cassazione ed anche eventualmente reintrodurre Berlusconi in Senato, da dove fu estromesso per effetto della Legge Severino, applicata incredibilmente in modo retroattivo. E’ falso pure che Berlusconi non utilizzò la sua forza mediatica in occasione delle ultime elezioni europee: il leader di Forza Italia piantonò tutti i principali talk show televisivi. Più semplicemente – come anche da lui più volte ammesso – non ha mai considerato le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo un appuntamento elettorale interessante. Per il semplice motivo che, qualsiasi sia la percentuale dei voti ottenuta in un dato Paese da una determinata forza politica, quella forza politica non sarà mai decisiva in seno di assemblea del Parlamento Europeo. Tale condizione costringerà tale forza politica a stipulare grandi coalizioni perenni (vedasi le attuali larghe intese in Ue tra Partito Popolare Europeo e Partito Socialista Europeo, l’equivalente di Forza Italia e Partito Democratico in Italia). Per Berlusconi l’impegno elettorale più grande va da sempre riversato entro i confini, col fine ultimo di eleggere un governo di segno moderato, e di potere quindi incidere in sede di Commissione Europea (oltre che eleggere amministrazioni azzurre nelle grandi e medie città italiane). E’ probabilmente vero che esiste il “partito Mediaset”, come sottolineato a più riprese dai quotidiani storicamente più critici nei confronti del Cavaliere. E’ anche vero che l’attuale linea di Forza Italia in Parlamento e nel Paese non può più e per nessun motivo appiattirsi sul governo come fu prima della rottura del Patto del Nazareno. Non con questo governo, quantomeno. I sondaggi pesano e l’elettorato tradizionalmente moderato, rappresentato dal cosiddetto ceto medio, non sembra affatto apprezzare l’azione governativa. Su tutte, le ultime dichiarazioni del presidente di Confindustria pesano sull’Esecutivo come un macigno.

In ultimo, non hanno alcun fondamento talune analisi dei flussi elettorali del M5S, riportate in questi giorni. E’ vero che nel 2013 il Pd perse diversi milioni di voti, ma è anche vero che in occasione delle elezioni europee dello scorso anno il Partito Democratico (con Renzi presidente del Consiglio) raggiunse un risultato crescente, con il M5S comunque in alto. La verità è che il cosiddetto voto di protesta, più organizzato ma anche consapevole e politicizzato, sta ingrossando il bacino elettorale della Lega di Matteo Salvini. Una condizione che in fin dei conti non dispiace affatto a Berlusconi e che senza dubbio avvantaggia il centrodestra. In virtù del recente incontro ad Arcore tra i leader di FI e Lega, dove i due hanno fatto il punto sulle amministrative a Milano, la situazione politica dovrebbe evolversi più o meno in questa maniera: con in vigore la nuova legge elettorale che premia la lista con più voti e non più la coalizione, si andrebbe verso la costituzione di un listone unico di centrodestra che metta insieme Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia (al momento ne resterebbe escluso Angelino Alfano e Nuovo Centrodestra). Questo consentirebbe non solo di porre le basi per offrire un’alternativa politica concreta al governo Renzi, ma anche di offrire a quella stessa alternativa di diventare nuova forza di governo: i numeri danno infatti ragione a questo progetto, consolidando al 30% circa una lista unica moderata, contro il Pd al 32% e con dietro il M5S con circa il 18/20% dei voti. In soldoni, alle prossime Politiche il centrodestra (e quindi anche Berlusconi) avrebbero assolutamente la possibilità di giocarsi con Renzi la guida del Paese.

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