Le beatitudini in Mt 5, 13-16, continuano con l’invito di Gesù ad essere “sale della terra” e “luce del mondo”, parole stupende e impegnative con le quali Gesù definisce l’identità e il ruolo del cristiano. Sì, perché i cristiani siamo chiamati a portare agli altri il sapore e la luce del Vangelo, ma solo se questo ha prima dato sapore alla propria esistenza e illuminato ogni situazione di vita. Se si perde sapore o si spegne la luce di Cristo, il cristiano non è fedele al compito che Gesù gli ha affidato e diventa insipido e tenebroso: in nulla o quasi si distingue da coloro che seguono il proprio egoismo e la logica del mondo. Credo che il problema è proprio questo: oggi o ci sono cristiani integralisti, radicali e intransigenti, troppo “salati” da rendere il Vangelo indigesto a chi ancora non riesce a comprenderlo e accettarlo pienamente, oppure cristiani troppo insipidi, opachi, fiacchi, spenti, omologati, mediocri che non rendono “appetibile e gustoso” il Vangelo e non innamorano di Cristo. Così assistiamo a chi fa le “crociate” per difendere i principi del Vangelo, ma la storia ci insegna che sono battaglie perse e chi, viceversa, si adegua alla mentalità del mondo accettando e promuovendo spesso principi antievangelici: vedi molti pseudo politici cattolici che, di fronte a leggi palesemente contrari ai valori cristiani, non ci pensano due volte a votare in modo contrario al loro credo. Quando Gesù dice che siamo sale e luce, non fa altro, allora, che responsabilizzarci riguardo la coerenza che deve caratterizzare i cristiani, per essere ciò che già siamo per il battesimo e dare testimonianza con le nostre opere buone, opere di bene, di bontà, di benevolenza, di misericordia, di compassione, di pazienza, di tolleranza, sapendo orientare ogni cosa verso il bene e vedendo in ogni persona il buono che c’è. È la forza dell’umile, semplice e quotidiana testimonianza che converte il mondo o lo orienta a Cristo. Il giorno in cui i cristiani smetteranno di essere sapienti e ardenti d’amore, il mondo vivrà nella tristezza e morirà di freddo. Ma forse ci si siamo già arrivati?
Padre Salvatore Alì