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di Marco La Boccetta
Primo dato che i leader politici dovrebbero analizzare nelle stanze delle segreterie: dopo questa avventuriera tornata elettorale segnata da rotture e frecciatine dell’ultima ora, è certamente il grande astensionismo che decreta, verosimilmente, il fallimento della politica. Con una affluenza alle urne del 52.2%, difatti, ogni ampollosa esaltazione partitica altro non é che un evidente incapacità di cogliere il messaggio – disperato e tragico – che scaturisce dall’atteggiamento dell’elettorato. Ma è giusto che a spremersi le meningi ed a capire come rendere nuovamente credibile la propria offerta politica siano appunto i leader, che in una situazione inversa rispetto a quella reale sarebbero stati colti dall’euforia e dall’emozione che la politica concede ai vincitori. Non si può, comunque, non gettare uno sguardo allo scenario politico che prende vita dopo le elezioni di ieri in funzione di una notevole evoluzione dei dati elettorali dei partiti, specie nel centro destra.
Se fino alle politiche del 2013, la leadership dei cosiddetti moderati era saldamente in mano a Silvio Berlusconi, oggi non si può dire che il rampollo di via Bellerio non sia legittimato a rivendicarla. La Lega, in seguito ad una brillante campagna elettorale del leader Matteo Salvini, ha notevolmente inglobato una larghissima fetta dell’elettorato che probabilmente, un tempo, nuotava nelle acque blu di Arcore. Se il centrodestra si è affermato nella rossa Liguria, d’altronde, il merito non può che essere spartito tra Giovanni Toti (che ha saputo riunire i partiti opposti alla sinistra) e la Lega di Matteo Salvini (che ha praticamente raddoppiato Forza Italia nei risultati). Ed è proprio il risultato del Carroccio nel resto delle regioni che mette in discussione la premiership del Cavaliere. Dalla Toscana fino al 2,3% della Puglia, l’onda leghista ingloba voti e cresce, cresce in maniera esponenziale. Sconfitto da queste urne esce il “Pd made in Matteo Renzi” ed a prova di ciò vi sono i deludenti risultati di Raffaella Paita in Liguria, probabilmente indebolita dalla scissione dell’ala più radicale della sinistra; e di Alessandra Moretti, in Veneto, che incassa una sonora sconfitta oltre che una profonda umiliazione per l’essere stata più che doppiata da Luca Zaia al quale credeva già di aver sottratto la virtuosa regione del nord est. ( “Il Veneto è roba mia”, cit. Alessandra Moretti).
Ottima battaglia del centrodestra anche in Umbria dove il candidato Ricci ha sperato fino alle prime ore della notte di scalzare il presidente uscente Katia Marini del Pd dalla poltrona più autorevole nella regione del centroItalia. Inespugnabile, come la storia insegna, il feudo della sinistra italiana, ovvero la Toscana di Rossi il quale si conferma, con grande consenso, Presidente della giunta regionale avanti di diversi punti rispetto al candidato della Lega e di Fratelli d’Italia, l’economista Claudio Borghi Aquilini. Ed anche qui disfatta di Fi. Nella regione simbolo del tremendo patto del Nazareno, nella regione di Denis Verdini – il super potente di FI e sostenitore dell’accordo tra Renzi e Berlusconi – il partito di azzurro incassa una disfatta notevole. Va al Pd anche la regione Marche dove il Presidente uscente Spacca, in rottura col partito, e sostenuto dal centrodestra moderato (esclusi Lega e FdI che incassano invece un buon risultato con il candidato Acquaroli), porta a casa una sonora sconfitta. Forse a prova del fatto che l’incoerenza non paga. Al centro sinistra per la terza volta consecutiva la bella Puglia, segnata, questa volta dallo sfaldamento del centrodestra. Da una parte Michele Emiliano, sostenuto da tutta la compagine di centro sinistra, dall’altra i due candidati del centrodestra Schittulli e Poli Bortone: il primo sostenuto da Raffaele Fitto (che da qualche settimana ha rotto con FI) e da Area Popolare; la seconda da Forza Italia e Noi con Salvini, costola centro-meridionale del Carroccio che si fa sentire come nuovo progetto politico incassando non pochi consensi.
Appare poi incerta, in ultima analisi, la situazione in Campania dove le urne hanno premiato il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca (che sfidava Caldoro, dovernatore uscente del cdx) sul quale però pesa la condanna per abuso d’ufficio che gli impedirebbe (usare il condizionale è d’obbligo in una Italia che si regge su giochi di palazzo e piogge di decreti) di prendere le redini della Regione. Un altro dato appare chiaro, cioè l’affermazione del Movimento 5 Stelle in tutte le regioni come partito che mette in seria crisi il bipolarismo tanto voluto da centrosinistra e centrodestra; d’altronde, chi lo spiega ai partiti politici “storici” che la gente non vive di promesse ma di pane? Quel pane che troppe volte è stato gettato in pasto ai pesci del laghetto piuttosto che essere consegnato agli stremati e disaffezionati cittadini italiani che, credendo di protestare, danno fiducia all’uno o all’altro personaggio “rivoluzionario” prestato alla politica.
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