SEGNI DEI TEMPI – Oggi manca il senso dell’appartenenza ecclesiale

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CatechismoIeri parlando del Battesimo ho fatto riferimento a ciò che io chiamo “turismo religioso”, molto diffuso tra i fedeli di Paternò. Si fanno i battesimi non nelle proprie parrocchie ma nella chiesa più bella; ci si sposa non nella e con la propria comunità, ma dove c’è la chiesa-location più adatta alle foto e alle riprese (ormai i matrimoni sono diventati set cinematografici); si iscrivono i figli alla catechesi in una parrocchia e poi negli anni successivi si “trasportano” come pacchi postali da una parrocchia all’altra, dove conviene di più. Manca, dobbiamo dirlo, il senso dell’appartenenza ecclesiale: l’importante è avere un diritto (cosi si ritengono i sacramenti) e non piuttosto ricevere un dono per la propria vita spirituale e la propria salvezza. Oggi mi soffermo su un’altro aspetto riguardo il Battesimo, ma che ha a che fare anche il Sacramento della Confermazione e cioè quello del padrinato: un motivo di grande amarezza per i parroci. Scrive il nostro Vescovo nel Direttorio al n° 32: «A norma del Codice di Diritto Canonico, «al battezzando, per quanto è possibile, venga dato un padrino o una madrina soltanto, oppure un padrino e una madrina». Ciò significa, allora, che questa figura non è necessaria e comunque due donne o due uomini non possono fare da padrini, la norma è chiara o uno solo (padrino o madrina) o una coppia che siano un uomo e una donna. Ma quali sono le condizioni per fare da padrino o madrina? Continua il Direttorio, sempre facendo riferimento al Codice: «Perché un fedele possa essere ammesso all’incarico di padrino, è necessario che: sia designato dallo stesso battezzando o dai suoi genitori o da chi ne fa le veci; abbia compiuto i sedici anni; sia cattolico, abbia già ricevuto la Confermazione e il sacramento dell’Eucaristia e conduca una vita conforme alla fede e all’incarico che assume (per es. non abbia contratto matrimonio solo civile, non conviva, non sia un divorziato risposato, non appartenga a organizzazioni o associazioni condannate dalla Chiesa; non sia nella condizione di aver dato cattiva testimonianza tale da creare scandalo in comunità)».

Le indicazioni sono così chiare che non c’è bisogno di spiegazione. Ma allora mi domando perché si continua a chiedere di far fare da padrini a persone che spesso non hanno le condizioni necessari e fondamentali per svolgere questo compito, che comporta innanzitutto la testimonianza della fede con la propria vita? È una continua battaglia tra i parroci chiamati ad educare i fedeli col rispetto della norma della Chiesa e i fedeli stessi che non riescono a comprendere questi principi così chiari ed elementari, perché partono da motivazioni totalmente opposti a quelli della Chiesa. Ecco perché ci sono tanti parroci che si pongono il problema della funzione dei padrini e si chiedono: sono proprio necessari i padrini e ha senso continuare a richiederne la presenza, visto che il loro ufficio sovente è divenuto una “menzogna liturgica”? Io sono del parere che bisogna avere il coraggio di eliminare questa figura che ha perso il suo significato originario, che è quello non di una semplice presenza coreografica durante la liturgia, ma che ha una funzione pedagogica, come ricorda il can. 872 § 1, che, oltre al compito di assistere il battezzando adulto o presentare l’infante, richiama a quello di cooperare affinché il figlioccio conduca una vita cristiana conforme al sacramento e adempia fedelmente gli obblighi ad esso inerenti. Se poi si vuole mantenere questa figura, allora che siano gli stessi catechisti che hanno preparato e accompagnato ai sacramenti ad essere riconosciuti come padrini e madrine: sarebbe una soluzione più logica e più vera.

Padre Salvatore Alì

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