In questi giorni, mentre portiamo a termine la lettura liturgica del libro degli Atti degli Apostoli, abbiamo incontrato l’apostolo Paolo, che a Mileto saluta gli anziani di Efeso e ricorda come si era comportato tra loro, come non si era mai tirato indietro nel suo dovere di predicatore e annunciatore del Vangelo di Gesù Cristo, anche se in mezzo a lacrime e prove di ogni genere (Vd Atti, 20, 17-21). È una bella testimonianza di fedeltà al proprio dovere; a quello che si è, ma anche a quello che si è chiamati a fare. Paolo ci mostra cosa significa fare la volontà di Dio che è il massimo bene dell’uomo. Comprendere, accogliere e vivere il progetto di Dio, che è sempre un progetto di amore e felicità, rimanervi fedele e mettersi a servizio dei fratelli è la cosa più importante per un cristiano. Tutti siamo chiamati a dei compiti, più o meno importanti e a tutti è chiesto di realizzarli con impegno, con passione, con amore perché la propria vita sia vissuta in pienezza. Viviamo, però, nell’era dei computers, del web, dei media che riescono ad offrire una grande quantità di informazioni e di prestazioni in così breve tempo, per cui si cerca di ottenere “subito” quello che si desidera, senza fatica e senza compromettersi troppo. È per questo che le persone, oggi, sono diventate più pigre, meno conquistatrici, e poco inclini a mantenere gli impegni assunti. Ma nelle cose del Signore, il concetto del “tutto e subito senza troppo impegno” non esiste affatto. Per un vero discepolo del Signore, non c’è posto per la pigrizia, per la mediocrità e per la sterilità; fedeltà, perseveranza e fecondità sono gli “elementi” per una vita impegnata e donata. In una società come la nostra, gravata da tanti problemi a causa di persone che svolgono il proprio lavoro non con passione e servizio, ma con superficialità e interesse, questa è una lezione di vita che può tornare utile per tutti.
Padre Salvatore Alì