
LA STORIA – C’era anche un musulmano insieme ai 28 cristiani etiopi uccisi in Libia dallo Stato Islamico e mostrati nell’ultimo orrendo video diffuso domenica scorsa dai jihadisti. E sarebbe morto per non aver voluto abbandonare l’amico cristiano insieme al quale stava compiendo il viaggio verso le coste della Libia, con l’intenzione di raggiungere l’Europa. La notizia arriva direttamente dall’Etiopia ed è stata rilanciata ieri in Italia dal sito del Pime MissiOnLine.
Tra le tante notizie drammatiche che ogni giorno ci parlano di odio e violenza, una storia, triste di per se ma piena di speranza, è venuta fuori, non a caso la vigilia del 25 aprile, festa della liberazione. Di che si tratta? Tra i 28 etiopi cristiani uccisi in Libia qualche giorno fa, c’era anche un musulmano che, secondo delle fonti, e stato anch’esso ucciso perché non ha voluto abbandonare il suo amico cristiano. Si dice anche che probabilmente con questa sua scelta sperava di scoraggiare l’uccisione di quel gruppo di cristiani. Un atto coraggioso e soprattutto di grande umanità, che illumina la pagina buia delle persecuzioni contro i cristiani e fa riflettere tutti, perché sono gesti come questi che fanno emergere quei valori che sono a fondamento della pace universale, del dialogo tra le razze, della pacifica convivenza tra gli uomini e tra questi il valore dell’amicizia che porta all’accoglienza, al rispetto, al dialogo, alla pace, all’amore fraterno che, come dice Gesù, se è vero porta a dare la vita per la persona amata. Dicevo che trovo provvidenziale che questa notizia sia venuta fuori alla vigilia del 25 aprile perché, di fronte ad un popolo che dopo 70 anni non riesce a celebrare una festa con spirito di unità che nasce dalla riconciliazione, un uomo che sceglie di morire per amore di uno diverso da lui, ci insegna che solo per la strada del rispetto reciproco e dell’amore universale, si può sperare per questo nostro povero mondo, un futuro di serenità, pace e prosperità. Pur non dimenticando, credo che sia giunto il tempo di smetterla di rievocare con risentimento un passato ormai consegnato alla storia e iniziare a celebrare il 25 aprile, non solo come memoria della libertà riconquistata, ma come festa di unità e fraternità, per amore nella nostra Nazione.
Padre Salvatore Alì