Oggi nel Vangelo (Gv 6, 44-51) è detto che nessuno può andare da Gesù, può credere in lui se non è attratto dal Padre. Il verbo attrarre ci dice che la fede è un dono di Dio, un dono non per pochi, ma per tutti quelli che desiderano con sincerità di cuore Dio e si mettono alla sua ricerca. Infatti nella prima lettura si parla di un eunuco che attraverso la Scrittura cercava il volto di Dio e del suo messia e avvicinato dall’apostolo Filippo viene aiutato a riconoscere in Gesù la realizzazione della parola che leggeva, sino a suscitare in lui il desiderio del battesimo. Papa Francesco nella sua esortazione apostolica Evangelii Gaudium, riprendendo una espressione di Papa Benedetto, dice che «La Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione» (n. 14). La Chiesa è chiamata ad evangelizzare con tutta se stessa; evangelizzare è il suo stesso essere e il suo stesso vivere. Nel farlo, essa deve guardare avanti, pur sempre ancorata alla verità. E poiché il suo essere e il suo vivere dipendono sempre dall’iniziativa di Dio, quando essa si dona a questa iniziativa anche cresce e, quindi, “attrae”. La Chiesa evangelizza se si lascia continuamente evangelizzare: è questo il segreto della sua missione e della missione di ogni battezzato. È, però, anche un principio che si può applicare all’educazione in genere, infatti, il vero educatore è colui che, appassionato della vita, attrae, contagia, fa innamorare della vita e di tutti i suoi aspetti. Spesso chi è chiamato ad educare, genitori, insegnati, catechisti, si lamentano dell’indifferenza e dell’apatia dei giovani, ma è anche vero che questi incontrano adulti che amano la vita, si lasciano coinvolgere e sviluppano quelle potenzialità che portano dentro, riuscendo a metterli a servizio degli altri. L’educazione è, dunque, questione di cuore e di amore: i giovani lo sentono e lo chiedono. Gli adulti prendiamone atto.
Padre Salvatore Alì