Ci si avvia verso la fase finale di questa esperienza amministrativa e consiliare paternese. Iniziano timidamente a delinearsi gli scenari. Ciò che colpisce più di tutto è che il fronte anti-amministrazione si presenta del tutto frammentato, rafforzando di fatto il sindaco che da una situazione del genere avrebbe tutto da guadagnare. Il ragionamento è questo: spacca i nemici per trarne vantaggio politico. Se i nemici si spaccano da soli e tra di loro, è anche meglio. Il centrosinistra propriamente detto, con tutta probabilità metterà ancora in campo la candidatura a sindaco dell’attuale primo cittadino, che farà di tutto per ottenere un mandato pieno dal Partito Democratico e possibilmente la discesa in campo anche della deputazione regionale oltre che dello stesso Matteo Renzi. Si tenterà il tutto per tutto. Si metteranno in campo le strategie politiche più ardite, complice anche l’addizionale Irpef che ha rimpinguato le casse comunali pur non essendoci affatto un rischio di dissesto economico-finanziario dell’Ente. Morale della favola: Mauro Mangano potrebbe utilizzare gli ultimi sei/dodici mesi di sindacatura per fare tutto ciò che non ha fatto nei primi quattro anni: verde pubblico, qualche rifacimento strutturale nelle scuole, viabilità, urbanistica. Altra morale della favola: i paternesi scordano in fretta e potrebbero anche lasciarsi ammaliare per la seconda volta dal sindaco-preside, dandogli credito. Con tutta probabilità, data la frammentazione politica anche del fronte che dovrebbe far capo all’amministrazione, oltre alla lista del Partito Democratico sarebbe al massimo un altro il progetto elettorale disposto a sostenere questa esperienza uscente. Siamo intimamente convinti che raggiungere lo sbarramento necessario del 5% sarà difficile perfino per il partito del presidente del Consiglio-segretario, figuriamoci per una lista civica. D’altronde, come si sa, l’ex sindaco di Paternò Graziella Ligresti (candidata nella lista civica “Paternò Bene Comune” nel 2012 con Mangano sindaco), non è stata eletta pur avendo conseguito un risultato importante in termini di preferenze proprio perché la sua lista non ha raggiunto lo sbarramento. Sintomo del fatto che sarà necessario (per tutti) mettere in campo liste e progetti forti, lasciando da parte ogni personalismo.Ma se confusione regna nel campo dei cosiddetti progressisti, anche tra i moderati non tira una bella aria. Parlavamo di fronti contrapposti, e così è. Tanto per cominciare, a Paternò non esiste ancora una struttura reale e consolidata che faccia capo a Forza Italia, fino alle scorse europee (maggio 2014) il primo partito della città. E non esistendo una casa comune che metta insieme le diverse esperienze del moderatismo paternese, va da sé che non esiste nemmeno un minimo comune denominatore politico che possa fare da guida. Anche qui, morale della favola: i paternesi sono confusi, non riescono a stabilire a chi affidare le proprie aspettative di governo della città. Se è vero che la politica è distante dalla gente, è anche vero che bisognerebbe al più presto recuperare quella centralità politica che si è andata perdendo lasciando spazio a finte battaglie sociali e a movimentismi che travestono progetti politici in piena regola.
Tolto il fronte dell’ex – e finto – centrodestra costituito dal senatore Salvo Torrisi, passato con Angelino Alfano e che presto potrebbe orientarsi sul centrosinistra per garantire a se stesso ed al suo gruppo l’esistenza, ci sono ancora tutte le condizioni per potere aprire un tavolo di confronto serio, strutturato e programmatico, senza ambiguità. Paradossalmente ed in occasione del voto, un progetto alternativo unico (a trazione moderata) e che metta insieme anche quei pezzi della ex maggioranza che non si sono più riconosciuti nell’operato dell’amministrazione, potrebbe vincere addirittura al primo turno. E’ il solito trucco: se si divide, il centrodestra perde. Se si unisce, vince e non di misura. E se alcuni personali attriti tra soggetti interessati avranno modo di essere sopiti, sarà reso un servizio senza dubbio eccezionale alla città.Ed ai giovani moderati, a quelli che si reputano fin dall’inizio alternativi a questa esperienza di governo, diciamo con convinzione che è arrivato il momento della chiamata alle armi. E’ arrivato il momento in cui sarebbe meglio stabilire ed in fretta chi è contro cosa. E sulla leadership che più di tutte potrebbe incarnare la svolta non intendiamo dire nulla. La città sa già qual è la naturale alternativa.
Andrea Di Bella