Oggi il Vangelo ci parla di due discepoli di Gesù, identificati come i discepoli di Emmaus i quali, dopo aver seguito il Signore e averlo visto morire in croce, il terzo giorno se ne tornato delusi al loro villaggio. Mentre camminano col volto triste Gesù si accosta ai due e dopo averli interrogati, spiega loro la Scrittura, si fa ospite nella loro casa e spezza il pane con loro e per loro. Lì lo riconoscono e diventeranno tra i primi che hanno visto e annunciato il Risorto. Un aspetto che vorrei evidenziare in questo affascinante brano evangelico è quello della condivisione, che scalda i cuori e cambia la vita.
La parola condividere è composta da con e dividere e significa dividere con, offrire del proprio ad altri. Ed è proprio quello che accade nel racconto dei discepoli di Emmaus. I due dividono con lo sconosciuto che cammina con loro il tempo: avrebbero avuto tutto il diritto di avere paura e invece gli permettono di fare un tratto di cammino insieme. Dividono con lui anche i loro sentimenti, le loro paure, le loro delusioni, aprono il loro cuore ad uno che neanche conoscono. E, inoltre, lo invitano a condividere la loro ospitalità e la loro mensa come segno di solidarietà verso quel viandante. Ma anche Gesù condivide il proprio tempo con i due discepoli, facendosi compagno del loro cammino, perché il Signore è sempre presente e cammina con noi. Noi siamo importanti per lui, ci stiamo a cuore e gli sta a cuore la nostra vita. Gesù condivide con i due, però, anche la sua parola, il suo insegnamento, perché spiega loro, in tutte le scritture ciò che lo riguardava. E poi accoglie l’invito e condivide se stesso, spezzando per loro il pane, segno sacramentale della sua presenza. Ed è proprio nello spezzare il pane che i due discepoli lo riconoscono perché i loro occhi si aprono. Cari amici è questo il miracolo pasquale della condivisione e della solidarietà: Gesù Cristo si è fatto solidale in tutto con l’umanità e ha donato e dona tutto se stesso per noi. Come lui, anche noi dobbiamo condividere tutto noi stessi con gli altri: il nostro tempo per dire e al fratello “tu sei importante per me”; la nostra fede, attraverso l’annuncio della Parola che edifica, riscalda il cuore e salva da ogni forma di paura e scoramento; la testimonianza della carità, attraverso il dono di ciò che siamo e ciò che abbiamo: “questo è il mio corpo… questo è il mio sangue dato per voi”. La condivisione è la logica di Dio, come ama dire Papa Francesco, ed essa scaturisce dalla compassione verso chi ha bisogno. Come sarebbe bello che la condivisione divenisse anche la logica di noi uomini e lo stile delle nostre relazioni in questa società di oggi dove la tendenza è quella della privatizzazione di ogni cosa, anche della dimensione della vita. Si dà il primato all’individualità della vita, dove ognuno pensa a se stesso e molto poco all’insieme e questo a causa anche della crisi economica che ci ha fatto ripiegare in noi stessi, chiudendo gli occhi su chi ci sta accanto. Grazie a Dio ancora nella nostra cultura meridionale la condivisione è una virtù che viene vissuta a livello familiare e sociale, ma se non vogliamo che essa scompaia dal linguaggio e dal vissuto popolare occorre educare le giovani generazioni affinché si diffondano la giustizia e la pace e Cristo continui a rendersi presente e ad operare attraverso l’amore.
Padre Salvatore Alì