Ma il Pd ha favorito Berlusconi? – di F. Marino

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di Franco Marino

Da anni viene rivolta un’accusa infamante (agli occhi dei fessi) al Partito Democratico, quello di aver favorito in tutti i modi Berlusconi. Quando si chiede che tipo di legge avrebbe approvato il partito per avvantaggiarlo o salvarlo, nessuno sa rispondere nel concreto e quando pure emergesse una legge, questa è così generalista che l’ipotesi che lo stesso Berlusconi ne sia stato favorito quantomeno sbiadisce. E’ tuttavia vero che da parte del PD non ci sia stato per moltissimi anni un contributo attivo nell’abbattimento di Berlusconi attraverso l’approvazione di una legge: ma questo ha una spiegazione. E ce la fornisce D’Alema. Berlusconi, dice Baffino, se fosse stato costretto a cedere le sue proprietà, le sue aziende o fosse stato disarcionato in seguito all’applicazione di norme peraltro obsolete e pensate per altre epoche, avrebbe avuto il pretesto per fare la vittima e alle elezioni avrebbe fatto il pieno molto di più di quanto ha fatto in passato. Senza contare che Berlusconi può, in qualsiasi momento, cedere le sue aziende ai fratelli o ai figli, facendo di fatto cadere legalmente il conflitto di interessi e rimanendo comunque un ascoltato king-maker. A quel punto cosa si fa? Si vieta di fare politica ai parenti fino al sesto grado?

Quando il Movimento 5 Stelle, in preda al furore antiberlusconista, ha fatto votare la decadenza, costringendo a suon di intimidazioni e minacce un riluttante PD a seguirlo, non si è reso conto che un Berlusconi fuori dalle aule istituzionali, rimane comunque liberissimo di fare campagna elettorale, di fare propaganda, di influenzare le sue aziende, di andare a Milanello o a Cologno Monzese e dettare legge. Quello che infatti i farlocchi legalitari non capiscono è che lo spessore dell’uomo (di qualsiasi uomo) va ben oltre le sedi istituzionali e questo vale sia per giganti della storia (nel bene e nel male) come Gheddafi (che a parte il titolo di colonnello, non ha mai ricoperto alcun ruolo ufficiale) sia per lillipuziani urlanti come Grillo. Quest’uomo, infatti, da due anni tiene sotto scacco la politica italiana senza non solo aver mai partecipato ad una seduta parlamentare ma finanche senza ricoprire alcuna carica istituzionale. Il carisma, infatti, vale di più delle norme di legge e un Grillo ufficialmente fuori da ogni carica, rimane libero di cacciare dal suo partito i suoi militanti, se solo la mattina si sveglia con problemi gastrointestinali.

La verità sembra essere un’altra. Il PD non ha mai votato leggi aggressive contro Berlusconi perché, essendoci persone ragionevoli anche in quel partito, si riteneva che questo potesse dare il destro a Berlusconi di fare la vittima in campagna elettorale, avvalorando l’idea di D’Alema. Ma proprio per quanto detto sopra, se è vero che lo spessore di un uomo va oltre le istituzioni a cui appartiene, questo vale anche per i suoi nemici. Berlusconi è infatti vittima dal 1994 (e anche prima, ma con minore violenza e per interposta persona, cioè Craxi) di una delle più violente campagne di diffamazioni e calunnie che si siano mai concepite nel mondo civile e a questo si aggiungano anche i processi e il loro carico di forzature. Il centro culturale di tutta questa campagna è stato per molto tempo il Gruppo Espresso, di De Benedetti, tessera numero uno del Partito Democratico. E l’intellettuale più in vista del panorama di centrosinistra è Scalfari, fondatore di Repubblica.

E anche chi, come Travaglio, si appropria indebitamente della palma di antiberlusconiano di ferro, deve molto alle inchieste di Repubblica che, ben prima di libri di successo come “L’odore dei soldi”, si ponevano il problema dell’origine delle fortune di Berlusconi e delle sue amicizie che eufemisticamente definiremmo dubbie: il tutto mentre Travaglio scriveva al Giornale della famiglia del suo nemico. Non è vero, quindi, che il PD non ha fatto nulla per ostacolare Berlusconi, ed anzi tutto il mondo culturale roteante attorno agli eredi del PCI, da Repubblica agli artisti ed i comici di regime, passando per giuristi e uomini della finanza, ha impedito che l’egemonia culturale che altrimenti Berlusconi avrebbe operato, divenisse effettiva.

Contribuendo a far sì che il paese rimanesse arretrato. Ciò che semmai il PD non ha fatto è costruire un’Italia che al tanto deprecato berlusconismo, sostituisse qualcosa di più credibile. Nel momento di governare la realtà, ci si è resi conto che Berlusconi, su molte cose, non aveva tutti i torti e questo spiega il successo di Renzi che non sta facendo altro che copiare alcune delle idee di Berlusconi, ovviamente in brutta copia. Tuttavia, al momento di fornire a Berlusconi il giusto riconoscimento del ruolo di un uomo che, piaccia o meno, è espressione di milioni di voti, non ha esitato a tradirlo, imponendo come Presidente della Repubblica un uomo come Mattarella, con chiara vocazione antiberlusconiana (e d’altra parte non è che Repubblica le sviolinate le faccia gratis), al punto che voleva far cacciare Berlusconi dal Partito Popolare Europeo. Alla faccia del PD berlusconiano.

Il Movimento 5 Stelle, all’insegna del teorema di Nenni, ha applicato la legge del più puro che ti epura: ha fatto in modo che Berlusconi venisse cacciato dal parlamento, ha applaudito le condanne di Berlusconi (esprimendo dubbi invece sulle assoluzioni) ha fatto di tutto per far approvare leggi forcaiole e così, esagerazione dopo esagerazione, forzatura dopo forzatura, ha ingenerato dubbi anche in coloro che Berlusconi non lo hanno mai sopportato, ottenendo come unico risultato quello di spaventare un intero elettorato che è fatto per gran parte da persone che per quanto in pubblico concionino dei peccati e reati altrui, nel privato disapplicano sistematicamente ogni moralismo e tutelano i loro interessi personali, a qualsiasi costo. Oggi gran parte degli elettori non ha il coraggio di confessarsi berlusconiano ma, sotto sotto, la convinzione è che dal 2011 ad oggi, anni di rumore non abbiano portato alcun bene agli italiani. Il Movimento 5 Stelle è divenuto irrilevante, presto si prenderà coscienza di cosa sia il renzismo e il risultato sarà che chiunque sarà in grado di prendersi l’elettorato di centrodestra, alle prossime politiche farà il pieno. Al punto che l’elemento di novità della politica non è più se vincerà Renzi o quel che resta del berlusconismo, ma chi tra Berlusconi e Salvini riuscirà ad imporsi a destra. Perché se non ci sono ancora valide ragioni per poter parlare di una resurrezione del berlusconismo, quello di cui si può essere abbastanza sicuri è che le prossime elezioni le vincerà la destra. Ridicolizzando così vent’anni di paranoia nel corso dei quali questo paese è solo peggiorato. Il Partito Democratico può essere quindi assolto dall’accusa di collaborazionismo col nemico. E andrebbe condannato per una sola cosa: aver dato un fortissimo contributo, assieme al Movimento 5 Stelle, a distruggere questo nostro altrimenti meraviglioso e potente paese.

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