Li hanno arrestati i carabinieri perché in possesso di documenti falsi, e su quei clandestini appena sbarcati nel Salento si sono allungate per alcune ore ombre pesanti in quanto su telefoni cellulari e pendrive sarebbero state trovate immagini di bombardamenti.
Per questa ragione la procura ha disposto una perizia sulle schede telefoniche ma in ogni caso loro, cinque immigrati siriani, sono stati scarcerati su disposizione del gip di Lecce. Il motivo: nel corso dell’interrogatorio è stato chiarito che si tratta effettivamente di profughi ed è stata accertata «la completa estraneità si legge nel provvedimento a cellule terroristiche». La decisione ha comunque sollevato polemiche; di certo, per il momento il gruppo non si è presentato in Questura per presentare domanda di asilo politico. Insomma, dei cinque siriani – giunti in Italia con quattro carte d’identità della Romania e una della Repubblica Ceca per ora non c’è alcuna traccia.
In Puglia la tensione rimane alta sul fronte sbarchi e per la possibile minaccia terroristica legata all’offensiva dell’Isis. Ieri nella prefettura di Lecce si è tenuta una riunione del comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica ed stata scelta la linea dura. «I migranti che si rifiuteranno di chiedere asilo politico e che non si sottoporranno alle procedure di identificazione saranno inviati subito al Cie, il Centro di espulsione e identificazione», annuncia il prefetto, Giuliana Perrotta. Secondo fonti di intelligence, parte del grande business del traffico di umanità sarebbe gestito ormai da organizzazioni collegate all’Isis, che utilizzerebbe i barconi per rastrellare denaro ma potrebbe anche usarli per mettere in atto le proprie strategie stragiste colpendo navi militari o infiltrandosi in Occidente. E quella africana non è l’unica rotta. I riflettori sono puntati anche sulla Turchia dove partono le carrette del mare dirette in Calabria e Puglia meridionale e dove, secondo il quotidiano turco Hurriyet che cita come fonte una circolare interna dell’agenzia di intelligence nazionale turca, i miliziani del califfato sarebbero già entrati nel Paese mentre altri tremila terroristi sarebbero pronti a varcare la frontiera. La mappa del terrore viene monitorata con grande attenzione. E si estende tra i mari di Grecia e Turchia. E proprio nell’Anatolia meridionale, a Mersin, sarebbero operative organizzazioni vicine a cellule jihadiste che gestiscono il traffico di extracomunitari: da questa località partì la nave con 796 clandestini che il 30 dicembre rischiò di schiantarsi sulle scogliere tra Santa Maria di Leuca e Tricase, in Puglia, dove è stato rafforzato il livello di allerta all’Arsenale e al Reggimento San Marco di Brindisi.
I controlli vanno avanti a ritmo serrato. E non solo sulla costa. A Roma riporta il settimanale L’Espresso sarebbero stati individuati e sono ricercati due presunti terroristi islamici: si tratta di cittadini libici che nei giorni scorsi sono entrati in un’armeria per chiedere il prezzo di un giubbotto antiproiettile e un visore notturno; poi sono usciti senza comprare nulla. Le ricerche dei carabinieri sono concentrate nelle zone dell’Esquilino e del Pigneto, ma in realtà il raggio d’azione è più ampio. E secondo Il Tempo sono 30 i libici residenti nella capitale pronti a colpire. Ieri gli jihaidisti hanno lanciato nuove minacce all’Italia: «Stiamo arrivando a Roma», è l’hashtag creato dai miliziani, come riferisce un tweet di Rita Kats, cofondatrice del gruppo di intelligence Site.
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