Dietro la camera dell’orrore. L’Isis combatte anche con il tasto “rec” le sua guerra del terrore
L’orrore finisce sul web e i macellai dell’Isis arruolano numerosi videomaker per realizzare le clip di propaganda e delle esecuzioni. Il Califfato paga bene chi accetta di girare, montare e lanciare sul web i video delle esecuzioni. Molto più di un combattente. A confessarlo è proprio uno dei videomaker che sarebbe stato contattato dall’Isis e che in un’intervista al Financial Times afferma: “Avrei guadagnato uno stipendio da 1500 dollari al mese, una macchina e una casa. Sarebbe stato cinque volte di più di quello che avrei mai potuto guadagnare. Avrei lavorato a Raqqa e avrei soldi, una macchina e una casa. Sarebbe stato cinque volte di più di quello che avrei mai potuto guadagnare. Avrei avuto a disposizione tutte le videocamere di cui avrei avuto bisogno”.
Un affare, dato che secondo i rapporti della Cia lo stipendio base di un miliaziano è di 400 dollari al mese. A quanto pare i videomaker vengono selezionati con cura. “Ho aspettato il mio turno durante le selezioni chiedendomi quanto spendessero per tutte quelle attrezzature. C’erano moltissime videocamere e tecnologie per il montaggio”. L’ultimo video è stato curato da Al-Furqan Media fundation, il braccio mediatico del califfato. “La fase di montaggio è stata curata al massimo. Hanno corretto il colore e usato diversi effetti visivi, poi hanno dato ritmo alle immagini con i tagli”, afferma John Horgan, professore dell’University of Massachussetts Lowell, esperto di terrorismo. (Guarda il video del pilota giordano)
E aggiunge: “Hanno realizzato un prodotto per amplificare il sentimento d’ansia. Concepiscono la guerra psicologica in un modo che non comprendiamo appieno. Il pubblico di riferimento del video sul pilota giordano sono ipaesi del Golfo, per convincerli a sopendere i raid aerei”. Nelle clip dello Stato Islamico ci sono le star come quelle diHollywood. Volti e personaggi che ritornano in tutti i video. Come ad esempio l’ostaggio britannico Jhon Cantlie autore di diverse clip che da prigioniero raccontano la vita quotidiana e la battaglia dello Stato Islamico. Poi ovviamente c’è il boia. Soprattutto quello inglese apparso già nel video del “debutto” con la decapitazione di Foley. Star dell’orrore che alimentano la macchina mediatica di sangue che si nasconde in Siria e in tutti i territori del Califfato. Una propaganda serrata che con i social trova la sua distribuzione in stile cinematografico e invade i nostri tablet, pc e tv. La guerra passa dalle immagini. E i signori del terrore non badano a spese per risvegliare le nostre paure.
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