Sulla carta personaggi insospettabili. Siriani da tempo residenti nella zona di Bologna e dintorni dove c’è una comunità piuttosto grande. Un medico di Budrio, Nabil Almreden, ormai in pensione. Uno studente della scuola di ingegneria e architettura della università di Bologna, Maher Alhamdoosh, animatore insieme a una donna italiana- Elisa Fangareggi, della onlus Time4life che gestisce in Siria il campo profughi di Bab El Salam. Un pizzaiolo- Mohammed Yaser Tayeb- che lavora nella pizzeria L’è bon da mat di Anzola dell’Emilia. Secondo i Ros i tre sarebbero il fulcro della rete di fuoriusciti siriani in Italia che avrebbero aiutato Greta Ramelli e Vanessa Marzullo a tornare in Siria nel luglio scorso, mettendole in contatto con alcuni capi militari dell’ Esercito siriano libero (Free Syrian Army), con cui una volta là avrebbero dovuto anche creare un flusso di aiuti logistici e sanitari di varia natura anche sfruttando rapporti di Greta e Vanessa con altre ignare organizzazioni non governative. A rilevare l’indagine dei Ros è stato Il Fatto quotidiano, in un articolo di Angela Camuso dove si spiegava che “Greta e Vanessa sono state tradite proprio da chi volevano aiutare”.
L’indagine dei Ros in realtà non era sul lavoro delle due cooperanti italiane poi rapite in Siria. Partiva da un episodio più antico: il rapimento e rilascio di quattro giornalisti in Siria avvenuto fra il 3 e il 13 aprile 2013. Si trattava dell’inviato Rai Amedeo Ricucci, del fotoreporter Elio Colavolpe, del documentarista Andrea Vignali e della freelance Susan Dabbous, andati in Siria per un reportage che avrebbe dovuto essere realizzato per “La Storia siamo noi” su Rai Tre. I quattro avrebbero dovuto realizzare il programma in diretta con un gruppo di studenti di San Lazzaro di Savena, provincia di Bologna, che avrebbero interagito con loro durante i collegamenti quotidiani. Organizzando la partenza i giornalisti si erano portati dietro proprio lo studente bolognese Maher Alhamdoosh, che avrebbe dovuto fungere da interprete e che ha consigliato anche la formazione della squadra sul posto, dove si aggregarono altri due siriani, l’autista Abdin e un misterioso tuttofare che si chiamava Alì. Maher grazie all’impegno nella ong Time4Life era formalmente accreditato come interprete anche presso la Farnesina. Il gruppo si perse all’improvviso in Siria nel villaggio di Yaqubiya il 3 aprile 2013. Venne fermato da miliziani del Fronte al Nusra, gruppo terroristico islamico siriano che rappresenta in quella terra Al Qaeda. Due giorni dopo il fermo-rapimento i membri del Fronte al Nusra rilasciarono sia il misterioso Alì (fratello di uno sceicco locale, Khaled), sia Maher che secondo le successive ricostruzioni era da loro conosciuto in quanto ufficiale dell’Esercito libero siriano: fino a un anno prima nel gruppo di comando del Free Syrian Army c’era anche il leader dei qaedisti siriani. Per fortuna poi il sequestro die giornalisti- scambiati per spie- si risolse positivamente in una decina di giorni. Ma quando Maher tornò in Italia, il suo comportamento dubbio nella vicenda suscitò l’interesse dei Ros, che misero i suoi telefoni sotto controllo e cominciarono a pedinarlo. E’ in quella rete di intercettazioni che sarebbero cadute per puro caso anche Greta e Vanessa che stavano organizzando il loro viaggio clandestino in Siria. Le due ragazze avevano una indubbia confusione ideologica, e apertamente anche nelle manifestazioni italiane supportavano le battaglie del Free Syrian Army. Nell’aprile scorso, quando Greta postava sul proprio profilo facebook uno die suoi soliti pensieri confusi a difesa di un combattente siriano: “Difficile avere forza quando i terroristi uccidono la propria famiglia e il resto del mondo chiama te terrorista”, è stata intercettata in due telefonate molto delicate con il pizzaiolo di Bologna. La prima in cui spiegava come in Siria avrebbero consegnato all’esercito dei ribelli (e non ai bambini per cui ufficialmente andavano) i kit di primo soccorso, spiegando come dovevano essere utilizzati. Nella seconda telefonata, scrivono i Ros, “Greta dice a Tayeb che quello a cui tengono di più lei e Vanessa è fare capire che il loro lavoro si svolge a favore della rivoluzione, che il loro sito ha come simbolo la bandiera della rivoluzione a differenza di tutti gli altri che lavorano sotto l’egida della neutralità”. La missione delle due ragazze quindi non era quella di cooperanti umanitarie (delle altre ong disprezzate per la loro neutralità), ma di combattenti pur con armi diverse aggregate alla rivoluzione siriana. Una funzione che rischia di essere in contrasto anche con la legge italiana. E veri terroristi o fiancheggiatori dei gruppi di Al Qaeda erano anche molti siriani che facevano parte della rete di amicizie in particolare di Greta: da Alktear Alktear ad Almajed Alfurati, da Ward Furati a Saef Kourani, tutti militanti provenienti dalla Fratellanza mussulmana di Siria e poi confluiti nel Fronte Al Nusra. Il rapporto più stretto di Greta era però con vero e proprio leader del gruppo qaedista locale, per cui sembra portasse anche una lettera di presentazione da parte della rete bolognese. Si tratta di Yahya Alhomse, dirigente del Fronte Al Nusra nella città di Homs, e già conosciuto dalle “cooperanti” italiane nei loro precedenti viaggi. Risultava anche “amico di Facebook” di Greta, e sul social network si presenta con una foto di Bin Laden, “il martire”, che chiede ad Allah di accogliere. E’ questa rete di rapporti, con tutto lo scambio di comunicazioni con le ragazze italiane poi rapite, che può oggi mettere nei guai con la giustizia sia Greta che Vanessa. Anche se al momento la procura di Roma- da cui partirono le precedenti indagini con le intercettazioni effettuate dai Ros- le ha sentite solo come persone informate dei fatti sul rapimento e i lunghi giorni di prigionia.
Libero