«Cosa mi ha fatto cambiare idea sui meridionali? I fatti. Probabilmente il Sud lo conoscevo poco, ho fatto e abbiamo fatto degli errori». Alt. Fermi tutti. Pizzicotto. No, non è un sogno. È proprio Matteo Salvini, ieri ai microfoni di Rtl. Un’autocritica in regola, piena e completa come in un processo stalinista. D’accordo: arriva a pochi giorni dal lancio della nuova Lega «nazionale» (la settimana prossima, pare, e di sicuro nel nome ci sarà «Salvini» e non «Nord»), però non è meno clamorosa. Il famigerato video del 2009, quando Salvini fu piratato a Pontida mentre con una birra in mano cantava giulivo: «Senti che puzza / scappano anche i cani / sono arrivati i napoletani», sembra dimenticato. Sperando che se lo siano scordato anche i meridionali.
Sullo sbarco al Sud il capitano leghista si gioca molto. Far uscire la Lega dalle sue riserve padane significa lanciare una doppia sfida: a Berlusconi sulla leadership del centrodestra e a Renzi su quella del Paese. Da qui i distinguo di Salvini, che non solo non smentisce ma rilancia: «Confermo tutto. La critica rimane, anzi è ancora più dura, sui politici del Sud. Ma lì c’è anche tanta energia positiva, gente che vuole solo lavorare in pace. E ne ha piene le scatole di falsi invalidi, forestali inutili e pizzo alla camorra. Il Sud va salvato dalla sua classe dirigente».
Incoraggiati dal successo dell’Emilia, i leghisti in generale e Salvini in particolare martellano sul fatto che le due emergenze, quella dell’economia e quella dell’immigrazione, sono questioni italiane, che deve affrontare il già aborrito Stato nazionale. «Non è che in questo momento a Taranto o a Catania i problemi siano meno gravi che a Milano. Semmai il contrario», dice il segretario. La scelta delle due città è puramente voluta: «Sono quelle da cui mi scrivono di più». Poi, certo, «l’autonomia e il federalismo sono le risposte che servono anche al Sud, purché non siano intese come per esempio fa Crocetta in Sicilia». Cioè, come? «Come spesa senza controllo e infatti ormai fuori controllo».
Resta il problema di trovarne un’altra, di classe dirigente. «Al 95 per cento sarà formata di gente nuova, professionisti, imprenditori, insegnanti, persone senza esperienza politica – promette Salvini -. Poi ci potrà essere una piccola parte di politici, ma dovrà essere impeccabile. Non vogliamo riciclati». Le adesioni che arrivano dal territorio sono incoraggianti, giura Salvini. Poi si vedrà.
Da sinistra e soprattutto dal l’Ncd sparano a zero sulla svolta meridionalista. «Farneticazioni» è il termine più cordiale. Resta il fatto che, nella sua inesausta attività di esternatore full time, adesso il segretario della Lega Nord fa il paladino del Sud. Ed è oggettivamente una notizia. Alla politique politicienne italiana, Salvini sembra meno interessato, compresa la partita prossima ventura del Quirinale. Lui, comunque, come Presidente della Repubblica italiana vedrebbe bene una francese: «Marine Le Pen avrebbe tutti i numeri». Meglio della Boldrini, o della Pinotti? «Non scherziamo, non c’è gara». Scherza invece il Matteo I, insomma Renzi, che dalla direzione del Pd sfotte: «Salvini è riuscito a mandare in estasi la Le Pen. Bravo, non era facile, immagino». Replica di Matteo II: «Che cattivo gusto…».
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