Gli scontri nel Pd, il Nazareno che scricchiola, le tensioni nel centrodestra. Tutto è riconducibile ad una sola causa: il Quirinale. E’ sul Colle, infatti, che si gioca la vera partita di Matteo Renzi. Che non solo dovrà vedersela con Silvio Berlusconi ma anche con l’anima più radicale del Pd, con la fronda formata dalla vecchia guardia comunista (Rosy Bindi, Pierluigi Bersani, Massimo D’Alema).
Il patto del Nazareno, scrive Francesco Verderami sul Corriere della Sera, prevedeva per il Quirinale l’adozione del metodo “per esclusione”: in sostanza, tolti i nomi “sgraditi”, Renzi avrebbe presentato una rosa di candidati, papabili successori di Giorgio Napolitano e avrebbe quindi trovato l’intesa su alcuni nomi da portare in Parlamento. Ma le cose non stanno andando come il premier sperava. Il patto con il Cavaliere è praticamente rotto e nel Pd, dopo la perdita di consensi alle Regionali, la minoranza cerca il riscatto e si gioca tutto.
D’Alema e Bersani stanno preparando i “carri armati” (“Renzi non pensi di fare come per la nomina alla Farnesina quando dopo aver prospettato una rosa di donne all’ultimo momento arrivò da Napolitano con i nomi diGentiloni e Tonini, sarebbe l’inferno”). E la Bindi è agguerritissima. Proprio in una intervista al Corriere dice: “E’ iniziata la parabola discendente di Renzi. Ora si torni all’Ulivo o facciamo una forza politica nuova tutt’altro che minoritaria, di sinistra, competitiva”. E il Quirinale, appunto, sarà una resa dei conti: “Auspico che la scelta venga fatta ricercfando l’unità del Paese. Ci sono molti modi per ridurre il ruolo del Colle come rinunciare alla ricerca della personalità più autorevole per considerarla strumentale alla politica del governo”.
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