Istruzione, il “concorsone” e la beffa per i (non) prof

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Nemmeno il genio letterario di Kafka avrebbe potuto immaginare una realtà così imprevedibile, ingannevole e beffarda. Hanno vinto un concorso lungo un anno: test selettivo, poi scritto, poi la prova d’insegnamento. Eppure non hanno una cattedra. Sono in 17mila gli idonei alla professione, ma al momento senza alcuna prospettiva di essere immessi in ruolo. Selezionati e poi lasciati a casa grazie alle imperscrutabili scelte operative del Ministero dell’Istruzione. Le loro conoscenze sono state accertate, inutilmente, da commissioni di Stato, ma restano fuori da qualsiasi forma di reclutamento.

«Invisibili», così si definiscono indossando, nelle manifestazioni di protesta, maschere che celano il volto. Stiamo parlando del famoso concorsone dei 321.210 voluto dall’ex ministro Francesco Profumo e del bando pubblico tornato in vita dopo 13 anni, il 24 settembre 2012, per selezionare una classe insegnante mediamente più giovane. Quel concorso, costato milioni di euro, non è stato solo importante e affollato, ma doveva  assumere anche un valore simbolico, quello di uno Stato che si riappropria della selezione dei suoi docenti.

In dirittura d’arrivo, però, intenzioni, buoni propositi e risultati sono come svaniti nel nulla.
Nelle discipline senza più candidati l’amministrazione continua ad assumere i vincitori dei vecchi concorsi a cattedra (l’ultimo è del 1999) che in molti casi svolgono altri lavori o, addirittura, non sono più interessati all’insegnamento. Il “concorsone”, come detto, doveva servire a svecchiare la classe docente e invece ha generato un nuovo limbo di precariato; una nuova generazione di aspiranti docenti che dopo un lunghissimo iter di sacrifici, aspettative e speranze durante le tre prove del concorso, superato solo dal 5% dei partecipanti, si ritrova lontano dalla tanto agognata immissione all’insegnamento.

Dicevamo di un concorso costato milioni di euro. Basti pensare che solo la prima prova, la preselettiva, alla quale ha partecipato per intero il numero iniziale dei candidati, oltre 320mila, ha necessitato di un PC (personal computer) per ogni candidato e siccome sappiamo bene come le scuole sono attrezzate, è stato necessario predisporre nell’arco della stessa giornata quattro turni per ogni scuola individuata come sede. Intanto è di questi giorni la notizia che in Sicilia, Toscana, Lazio e Basilicata i commissari che avrebbero dovuto analizzare i candidati del concorso pubblico per diventare docente hanno deciso di abbandonare il loro incarico lasciando le graduatorie sospese. Sì, perché in Italia si mascherano gli sprechi con la politica del risparmio adottata dagli ultimi governi.

Il governo Monti ha pensato bene di concedere ai commissari compensi da fame: un gettone di 50 centesimi lordi a compito corretto, più un fisso di circa 200 euro. Una cifra che in molti casi non basta a coprire nemmeno gli spostamenti per raggiungere la sede scolastica e senza avere il diritto all’esonero dall’insegnamento. Così le rinunce rischiano di trasformare il tanto atteso concorso per insegnanti di ruolo nell’ennesimo calvario italiano. La maggior parte di essi sono precari che non hanno fatto nemmeno una supplenza e che sperano in un’accelerazione per essere immessi in ruolo entro la prossima estate. Ma sarà dura. Gli idonei siciliani sono circa 5mila di cui più o meno mille nell’ambito disciplinare relativo all’insegnamento delle materie letterarie per scuole medie e superiori.

Nonostante gli orali siano terminati, tra ritardi e contrattempi nel mese di dicembre 2013, le graduatorie provvisorie sono state pubblicate il 3 di aprile 2014. Quando il 14 febbraio i vincitori del concorso protestarono all’USR (Ufficio Scolastico Regionale) di Palermo, e successivamente al Ministero a Roma, contro questo ritardo, ottennero come giustificazione che era dovuto allo scrupolo imposto ai commissari nel redigere le graduatorie al fine di evitare errori e conseguenti ricorsi. Purtroppo, ancora una volta, le cose sono andate in maniera differente. In realtà sono numerosi e madornali gli errori nell’assegnazione dei punti, rispetto ai titoli. Così, manco a dirlo, cominciano a fioccare i ricorsi provocando ulteriori rallentamenti nell’iter. Se consideriamo che da bando, le prime ammissioni al ruolo sarebbero dovute avvenire nell’agosto del 2013, con questo andazzo, verosimilmente non si avranno graduatorie corrette e definitive prima dell’agosto 2014, e per l’immissione al ruolo si continuerà ad attingere dalla graduatoria del ’99. Il risultato è che i vincitori, dopo aver superato una dura selezione – composta dalla prova pre-selettiva, tre verifiche scritte e due colloqui orali – non solo rischiano di rimanere senza lavoro per il secondo anno consecutivo, ma potrebbero addirittura veder sfumare la loro assunzione in ruolo.

La normativa sui concorsi pubblici prevede, infatti, che con l’espletarsi del successivo bando decadano automaticamente i vincitori del precedente. Ciò significa che, se come annunciato in diverse occasioni, nel 2015 dovesse essere bandito un nuovo “concorsone”, magari con procedure più snelle, i vincitori scalzeranno quelli che stanno ancora in attesa lasciando tutti i candidati idonei ma non assunti, in attesa che si liberino i posti, e quelli che attendono ancora le graduatorie senza nulla in mano. Che dire? Ci troviamo di fronte all’ennesima “farsa” all’italiana, che calpesta e sotterra il merito e i diritti dei partecipanti e vincitori del concorso nella melma di una burocrazia ambigua e parassitaria.

SiciliaJournal

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