Caro Salvatore, sei l’unico dei componenti il governo della città che conosco bene, da tempo, e con cui ho condiviso ben altri palcoscenici. I sentimenti di stima che ci legano mi portano a rivolgerti un appello diretto ma sincero e sentito, come sono solito fare.
Questa compagine dentro cui hai creduto di dovere e potere dare il tuo contributo è la peggiore della storia di questa città. Ti prego, almeno in questo, di non contraddirmi. Lo diciamo noi che fin dall’inizio abbiamo creduto di dovere e potere dire la verità su certi meccanismi politici che hanno portato alla vittoria un primo cittadino per via di uno strano gioco al turno di ballottaggio in occasione delle ultime amministrative, oltre che senza avere i componenti delle sue liste i voti necessari a che possa essere garantita prima di ogni cosa la rappresentatività e non la governabilità ad ogni costo. Il discorso sulle preferenze dei candidati al consiglio è vecchio, ma tu che sei un veterano delle competizioni elettorali sai per certo a cosa mi riferisco: amici candidati con circa 400 preferenze sono rimasti a casa. Altri, meno amici, sono entrati in consiglio comunale per via del miracolo del premio di maggioranza ottenuto dal sindaco vincitore. Di questo siamo tutti consapevoli.
E’ passato del tempo: maggio 2012, Maggio 2014. Due anni di cosa? Te lo chiedo col cuore nelle mani, caro Salvo. Due anni di fatti? Di programmazione? Due anni di interventi straordinari? Di eventi? Di rilancio dello sviluppo economico? Di pianificazione urbana? Due anni in cui si è finalmente risolta l’annosa e disastrosa questione rifiuti? Due anni impiegati per rilanciare finalmente le Salinelle? E’ una domanda che ti pongo senza polemica alcuna. Il problema è questo. I paternesi, la gente non percepisce il governo di questa comunità come vicino, comprensivo, all’altezza delle emergenze da affrontare. La comunicazione politica è ridotta al lumicino, ed ancora più gravemente insufficiente è la comunicazione umana tra l’amministratore e l’amministrato. Se mancano le risorse, se manca la volontà, se mancano le competenze, vuoi che almeno un rapporto diretto coi cittadini non venga fatto salvo? Ti prego, sappiamo entrambi che è così. E tu che della parola scritta e parlata sei un maestro, questo lo sai ed anche bene. La gente ti ferma per strada, ti incontra, ti parla, ti chiede, ti espone i problemi della città e soprattutto quelli personali. Una parola di conforto, degli occhi disponibili, una voce che ti rassicura, la voce del tuo sindaco che ti da un consiglio, che si ferma al bar e ti offre il caffè. Nemmeno questo, Salvo. Nemmeno questo.
Alla luce di quanto detto (e potrei continuare), ti chiedo di riflettere con tutta onestà e di considerare la reale, concreta, onesta eventualità di fare un passo indietro. Di uscire da quella che è una politica dell’inconsistenza e della irrilevanza pure sul piano istituzionale sui più vari livelli. L’ospedale: se non fosse stato per il comitato civico appositamente formatosi alla vigilia della soppressione di Chirurgia e Punto Nascita (poi salvati), nessuno a Palermo si sarebbe forse mai sognato di prendere seriamente in considerazione questo sindaco. Eppure il partito è lo stesso, come è lo stesso il presidente. Lo stesso presidente che nel settembre 2012 fu fatto passeggiare alla Fiera di Settembre qui nella nostra Paternò. Una Paternò saccheggiata, mi viene da dire. Lo stesso presidente che non s’è degnato di esporsi sul nostro ospedale nemmeno un secondo. Nessuno dalla presidenza ha difeso Paternò, amministrata da un uomo che si diceva (ma adesso forse non più) di Crocetta. E sempre sul tema ospedale, l’audizione in commissione regionale Sanità ottenuta grazie all’intervento dell’on. Gino Ioppolo, uomo del gruppo Musumeci-Forza Italia. Non credo sia normale.
Non ti fanno far bene il tuo lavoro, Salvatore. Non lasciarti inghiottire da tutto questo. Tu meriti molto di più. Non puoi rischiare (per la verità stai già pagando) di essere disastrosamente associato a queste donne e uomini del finto cambiamento. Fai un passo indietro. E non per fallimento, ma per dignità.
Andrea Di Bella