Altri guai giudiziari per il M5S e torna per l’ennesima volta nell’occhio del ciclone con una nuova querela, questa volta presentata da Orazio Fergnani e Giorgio Vitali, che già da anni – tramite il loro sito www.albamediterranea.com – si propongono di smascherare eventuali contraddizioni e scheletri nell’armadio del Movimento Cinque Stelle. L’oggetto della querela è il controverso “contratto” fatto firmare ai candidati delle amministrative, secondo il quale gli eletti al comune di Roma potranno essere multati per qualunque atto che Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio (nel frattempo deceduto, quindi si presume che in questo senso la mano passi al figlio Davide) riterranno lesivo dell’immagine del Movimento. Ulteriore clausola vuole che, sempre per volere di Casaleggio e Grillo, gli eletti saranno anche obbligati a dimettersi. La stessa Raggi ha del resto candidamente confessato che, se glielo chiedesse Beppe Grillo, sarebbe disposta a lasciare la poltrona di sindaco. Il contratto precisa anche che «Le proposte di atti di alta amministrazione, e le questioni giuridicamente complesse verranno preventivamente sottoposte a parere tecnico legale a cura dello staff coordinato dai garanti del M5S». In soldoni, gli eletti del Movimento non potranno prendere decisioni rilevanti riguardo all’amministrazione comunale qualora gli atti non venissero prima approvati da Grillo e Casaleggio, che hanno facoltà di nominare del tutto autonomamente lo staff di comunicazione del gruppo consiliare del M5S ed eventualmente anche quello del sindaco.
Proprio questi punti vengono contestati da Fergnani e Vitali nella loro querela, che si estende anche a tutti i candidati che abbiano sottoscritto il contratto in questione. I reati imputati da Fergnani e Vitali alla Casaleggio & Associati sono vari: concorso formale in reato continuato; attentato contro l’indipendenza e l’unità dello Stato; attentato contro la Costituzione dello Stato; tentativo di usurpazione di potere politico; attentato contro organi costituzionali e contro assemblee regionali; attentati contro i diritti politici del cittadino; associazione a delinquere; minaccia; truffa; abuso della credibilità popolare, e così via. Queste gravi contestazioni, ancora da confermare e che dovranno ovviamente essere oggetto dell’analisi delle autorità competenti, diventano dunque una ulteriore gatta da pelare per Virginia Raggi, che finora ha sempre sminuito ricorsi, esposti e quant’altro, arrivando a ignorare del tutto la questione dei candidati espulsi e poi riammessi, ma comunque mai – ingiustamente – rimessi in condizione di presentarsi alle elezioni, malgrado la procedura della loro esclusione sia stata contestata dal giudice.
Dopo il caso Pizzarotti, il malcontento – già fortissimo – dilaga nel m5s in tutta Italia, ma è soprattutto a Roma che volano i coltelli dietro la facciata “raggiante” della candidata a sindaco. In molti lo chiamano già il “movimento delle querele”, non solo per i fatti succitati, ma anche per la facilità con cui queste fioccano ai danni di attivisti scomodi o giornalisti, spesso semplicemente rei di aver contestato questo o quel portavoce o di aver rilevato incongruenze nelle procedure. Fatto del tutto peculiare, visto che qualche anno fa – prima dell’ingresso in Parlamento – la querela veniva considerata uno strumento per imbavagliare l’opposizione o addirittura espedienti per soffocare la verità.
Tornando alla questione del contratto, è quanto mai inquietante che eventuali sindaco e consiglieri – eletti pubblicamente e, come tali, soggetti soltanto ai cittadini – possano essere addirittura liquidati secondo un atto privato. Fatto più inquietante di tutti, lo “staff” che avrebbe tale potere risulta ancora misterioso, anche se è stata resa nota la presenza di un “minidirettorio” composto da parlamentari, europarlamentari e consiglieri in Regione Lazio. Notizia che ha scatenato l’attacco del senatore del Pd Esposito, secondo cui: “Mentre ieri Roberto Giachetti, come aveva promesso, e in piena autonomia, ha presentato la sua giunta, oggi Virginia Raggi ci comunica che le scelte per la capitale d’Italia, nella remota ipotesi che il m5s possa guidare Roma, saranno affidate, come da regolamento del movimento ed evidentemente da contratto con la Casaleggio & co, ad uno staff composto da 4 persone che con Roma e la eventuale giunta nulla hanno a che fare. Questa è l’idea di governo e di amministrazione di Roma che alberga a Milano, nella sede di una società privata che, se la Raggi dovesse vincere, deciderà le sorti di milioni di cittadini della capitale. Davvero un gran bel programma”. Andrea Romano, dal canto suo, stigmatizza così: “La Raggi e i candidati al comune di Roma sono talmente inaffidabili agli occhi dei loro capi da essere messi sotto tripla tutela: la Casaleggio associati, l’oscuro staff e i parlamentari a 5 stelle. Non si fidano di lei e degli altri al punto che non gli è bastato neanche il contratto capestro”.
Contratto capestro che approda dunque in tribunale e che rappresenta l’ennesima stoccata al movimento a pochi giorni dalle elezioni romane. I cittadini ci penseranno due volte prima di affidare le sorti della città a una candidata legata a un contratto con una società privata, che avrebbe diritto di “vita e di morte” su di lei e sulla sua squadra? Dopo le dimissioni di Ignazio Marino e il commissariamento, Roma non meriterebbe forse di pensare serenamente a un sindaco libero da vincoli di qualunque natura e soggetto soltanto ai cittadini? Il responso fra poco meno di due settimane, tutt’altro che facili per la Raggi e il suo entourage. AffarItaliani