Voucher, il dramma giovanile di essere eterni precari

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ROMA: SEMINARIO SULLA PRODUTTIVITA' ITALIANA PROMOSSO DA CONFINDUSTRIA

di Roberta Barone

Li puoi acquistare telematicamente o presso il tabaccaio della zona autorizzato. Non sono figurine di calcio e nemmeno ricariche telefoniche: sono i cosiddetti ‘voucher’, la nuova frontiera del precariato. A definire tali i buoni usati in Italia per il pagamento delle prestazioni di lavoro accessorio è il presidente dell’Inps, Tito Boeri, che ha tracciato un quadro preciso e preoccupante sull’enorme numero di voucher staccati nell’ultimo anno. Un abuso che rischia, come certamente prevedibile, di trasformare in normalità delle forme di lavoro che avrebbero dovuto rimanere “eccezionali” e che adesso sembrerebbero far preoccupare- si fa per dire-anche il Governo Renzi. “Introdurremo la tracciabilità dei voucher”, promette il Ministro Giuliano Poletti in risposta ai tragici dati Inps: il fine è quello di ridurre appunto l’abuso smisurato di questo buono-lavoro che ha piuttosto legalizzato (invece che combattere) il lavoro nero, adesso in tutti i campi a cui è stato esteso l’uso grazie al Jobs Act di Matteo Renzi.

Più voucher per tutti e meno diritti. Ed intanto, come per magia, crescono i numeri sull’occupazione: com’è possibile? E’ il segreto della politica renziana di stampo europeo: la trasformazione del mondo del lavoro, diventato oramai lavoro-merce, passa per la precarizzazione dello stesso. Non è caso che qualche giorno fa l’Istat, tramite account ufficiale Twitter, rispondeva così ad una domanda di un utente, Claudio Pellegrini, sulla classificazione delle sue prestazione lavorative: “E’ considerato occupato se nella settimana di riferimento dell’indagine ha lavorato almeno un’ora, confronta il Glossario“. Dunque non è vero che il voucher non incide sulla qualità di ‘Occupato’ ma addirittura, secondo la spiegazione fornita dall’Istat, basterebbero solamente quattro ore di lavoro al mese per essere considerati occupati.

Dati Occupazione “truccati”? A far storcere il naso a molti è stata infatti la pubblicazione dei dati Istat sull’aumento del numero degli occupati in Italia: ben 51 mila unità in più nell’Aprile 2016 a fronte dell’aumento del tasso di disoccupazione all’11,7% rispetto all’11,5% di marzo. Se è vero che i parametri usati da Istat per contare gli occupati in Italia si basano su questo tipo di classificazione (occupato con un solo voucher da un’ora a settimana), allora ben potremmo giustificare i finti record vantati da mister Renzi tra una poltrone l’altra dei numerosi talk show televisivi: per il premier gli occupati totali nel nostro paese sono cresciuti di 455mila unità da febbraio ad aprile 2016. Vuoi mettere un voucher di 10 euro per un occupato in più? O l’effetto drogato di una riforma del lavoro fondata sul nulla?

La scarsa lotta dei sindacati italiani. Mentre in Francia l’opposizione contro il Loi Travail- il Jobs Act all’italiana voluto dal governo Hollande- procede ad oltranza bloccando un intero Paese, in Italia i sindacati si limitano a chiedere almeno la tracciabilità di uno strumento che andrebbe piuttosto eliminato, emarginato dalla faccia della terra. «Renzi, sui voucher, non può e non vuole cambiare nulla e ieri lo ha dimostrato. Ha già preso accordi con le imprese ed ora non può tirarsi indietro», accusa Maurizio Landini, «Di Fatto sta chiedendo ai lavoratori di consegnarsi nelle mani delle imprese».

Se dovessimo chiamare le cose col loro nome, diremmo allora che il Voucher è la più grande forma di lavoro-spazzatura del nuovo capitalismo finanziario. La riemersione del lavoro nero. La nuova schiavitù di intere generazioni su cui pesa perfino il dramma di essere giovani. L’Intellettuale Dissidente