di Valerio Musumeci
Ogni era politica – nel nostro Paese come negli altri – ha il suo linguaggio e i suoi leitmotiv. Se la critica a Berlusconi, nell’era di Berlusconi, assumeva di solito i contorni del conflitto d’interesse, quella a Renzi, nell’era di Renzi, si sostanzia in genere nell’autoritarismo di cui il premier sarebbe portatore esplicito. In effetti – l’abbiamo scritto – il presidente del Consiglio è spesso bullo nel suo modo di fare: complice una strafottenza tipicamente toscana, finisce per portare sul corpo a corpo politico-istituzionale molte questioni che potrebbe risolvere con maggiore garbo. Da qui all’accusa di autoritarismo, tuttavia, ce ne passa: e non sarà un caso che ne siano stati tacciati anche Berlusconi e Craxi, guarda caso gli unici presidenti che nella storia repubblicana abbiano osato impiegare il “potere” di cui disponevano. Una banale considerazione antropologica vuole che il capo, in quanto capo, detenga il potere. Tra usare quel potere – anche al modo spocchioso di Renzi, Berlusconi e Craxi – e non usarlo non c’è dubbio che la seconda soluzione sia la peggiore. Perché un capo di governo privo di polso e pieno di dubbi diventa facilmente preda del giogo di poteri esterni e occulti, più di quanto un individuo “autonomo” e “bullo” possa consentire. Tutto ciò, in un paese oggetto di speculazioni straniere come il nostro, non è affatto secondario.
Tornado all’autoritarismo, vediamo di spiegare in cosa si sostanzierebbe quello di Renzi. Lo si accusa di non essere stato eletto e di disporre di una maggioranza drogata da una legge elettorale, il Porcellum, incostituzionale. Ma quella legge non la fece mica Renzi, la fecero Calderoli e Berlusconi pensando al comodo loro. Pur con quella legge elettorale, il Pd di Bersani non riuscì a conquistare nel 2013 i voti necessari a governare: e questa fu mica colpa di Renzi, che venuto il suo momento trovò sì il premio di maggioranza alla Camera, ma dovette fare i conti con il Senato tripartito uscito dalle urne delle Politiche. A quel punto si dovette inciuciare: prima con Alfano, eredità lettiana, poi con Verdini, eredità del Nazareno rotto da Berlusconi. Non si può dire che Renzi non abbia avuto coerenza nel comporre le alleanze di governo: preso atto di dovere comporle, lo ha fatto con chi ci stava da prima e poi con coloro che non vollero seguire Berlusconi quando quest’ultimo si pentì dell’alleanza con lui. In cosa consisterebbe l’autoritarismo, quando sempre così ha funzionato l’Italia repubblicana, con addirittura cinque partiti costretti ad allearsi, nella Prima Repubblica, per comporre una maggioranza di governo poi nota come Pentapartito?
Venendo all’Italicum e alla Riforma costituzionale – leggi sulle quali si può discutere nel merito – non si può nemmeno negare che il combinato disposto in atto cancellerà la situazione appena descritta. Renzi sta pervicacemente tentando di impedire che si ripeta il caos della Diciassettesima Legislatura, creando un pasticciato presidenzialismo che ha tuttavia il merito di prospettare un’Italia nella quale un governo non cada ogni anno. E’ stato autoritario proporlo e poi applicarlo? C’è chi lo afferma, ma è evidente che l’abitudine italiana di frammentare il voto, così da impossibilitare la creazione di un governo solido, non sia un’invenzione di Renzi. Lui, che ha una voglia matta di governare (da bullo qual’è), prende atto della situazione e lavora per cambiarla. Parimenti sottoporre agli italiani il referendum non sembra obiettivamente una scelta autoritaria: a meno che non si pretenda che il governo debba lavorare per perderlo.
Non è stato Renzi, insomma, a volere quest’Italia. Un’Italia incapace di votare con giudizio e addirittura di votare – o vogliamo dimenticare il referendum sulle trivellazioni senza quorum? -, dove si debba ricorrere ad alleanze e compromessi al ribasso per comporre un governo, dove in ragione di questa frammentazione si debba troppo spesso ricorrere alla fiducia per non rischiare il gioco sporco dei parlamentari. Renzi ha semplicemente trovato una situazione di caos istituzionale perenne, ed essendo “tecnicamente un figlio di puttana” (così Vittorio Sgarbi) ha lavorato per sbloccarla. Con molti difetti, con molte ombre, con infiniti motivi di contestazione plausibili di essergli rivolti tranne quello, spiace dirlo, dell’autoritarismo. Autoritarismo de che? Siamo seri, se siamo in questa condizione è perché abbiamo voluto finirci. Non lamentiamoci se viene un bullo a dirci cosa fare, perché l’unica verità traibile da questi centocinquanta e passa anni di storia “italiana” (cos’è poi l’Italia?) è che noi questo vogliamo. Diceva il grande Montanelli: “Quando la folla sta sempre lì a guardare il balcone, in attesa che qualcuno si affacci per dirle cosa fare, è assai probabile che alla fine qualcuno davvero si affacci”. Si riferiva a Mussolini e al balcone di piazza Venezia, lui, dicendo che in fondo anche quella era stata una dittatura da barzelletta e la caricatura di un dittatore. Come la caricatura che del Renzi fascista e autoritario qualcuno oggi sta dipingendo.