Daria Bignardi – che non è male, è carina, è arguta, ha fatto per alcuni anni trasmissioni interessanti prima di andare in crisi – scopre il giovane Matteo Renzi ai tempi in cui era presidente della Provincia di Firenze. Lo invita, lui va, fa il brillante. La Bignardi è uno degli strumenti del suo lancio nella politica nazionale. Quindi non trovo niente di così assurdo nel fatto che la stessa Daria, dopo aver lasciato la conduzione, sia andata a fare il direttore a Rai 3 per ordine del suo pupillo nel frattempo diventato premier. Si chiama riconoscenza, questo Paese c’è costruito sopra. Quello che è meno accettabile è che il figlio diciannovenne della Bignardi sia candidato a Milano per il Partito Democratico, dicono. Uno pensa che sia candidato consigliere comunale – e lì davvero ci sarebbe uno scandalo: con quale esperienza? Perché lui e non un altro diciannovenne con genitrice meno nota? – ma invece, approfondendo un po’, si scopre che è in lizza per un consiglio di zona. Quindi la potenza della mamma direttrice di Rai 3 sul premier-segretario PD si esaurisce a questo, a un posto in lista per la “zona”. Siamo seri, lasciamo in pace la gente e impariamo a non costruire la polemica dove non esiste.