di Valerio Musumeci
Matteo Renzi a “Porta a porta” – fatto salvo che per guardarlo tutto bisogna fare l’una e mezza di notte, e rinunciare a migliori occupazioni – è sempre uno spettacolo favoloso. Vi si trova meglio di Berlusconi, ed è tutto dire. Tra il padrone di casa (quel Vespa niente affatto supino come lo raccontano) e il Cavaliere si era instaurata negli anni una concreta amicizia, fatta di rispetto reciproco e di qualche invito a cena; ciononostante B. nello studio con le poltrone bianche vi stava sempre attento, all’occhio come si dice: che il vespone poteva sempre pungere, e un uomo in perenne ansia da prestazione come il Cav questa cosa la soffriva (senza darlo a vedere, naturale). Renzi vi sta invece con l’aria beata che si direbbe di un minchione, ma invece è pura toscaneria: o sicilianismo, che dir si voglia, esplicato nel proverbio che dice “a mia di unni mi chiovi mi sciddica”. Non mi scompongo, tradotto in italiano, né se Vespa tenta di infilzarmi su Verdini e la maggioranza bastarda con cui governo, né se De Bortoli (pfui!) vuol farmi passare per protettore del sistema lobbistico delle banche italiane (cosa che peraltro sono). Segretamente ansioso, dunque, era il Cavaliere; spocchiosamente a suo agio è invece il Fiorentino, toscanamente conscio della propria irripetibilità.
Che cosa ha detto Renzi da Vespa? È una domanda alla quale pur avendo fatto l’una e mezza di notte per guardarlo non sappiamo rispondere. Tante cose, che di sicuro non gli manca la favella. Ha detto ad esempio di essere orgoglioso della legge varata l’altro ieri sulle Unioni Civili (una forzatura autoritaria inaudita), avendo giurato da premier sulla Costituzione e non sul Vangelo (si leggano se possibile, su questo, le intelligenti riserve degli amici Mario Adinolfi e Costanza Miriano); ha poi detto che abbasserà le tasse, e di essere dispiaciuto del fatto che i giornali non si siano accorti di quanto le ha abbassate finora; ha fatto tre quarti d’ora di spot al suo referendum costituzionale abilmente dribblando le stilettate di Vespa e De Bortoli (oggi un po’ spenti, sarebbe stata una puntata serena anche per B.). Insomma, ha fatto il Renzi e che cosa abbia detto di concreto non si sa. Ma lo ha fatto così bene che mentre “Porta a porta” finisce già mi manca.
Parliamoci chiaro: a me Renzi piace, e piace anche a voi. È il tipo di premier geneticamente adatto a fare felici gli italiani, come lo furono i suoi tre predecessori in questa categoria: Mussolini, Craxi e Berlusconi. Gente massiccia, determinata e dotata di senso dell’umorismo. Con un ego grande quanto il Sudamerica. Con un sacco di affari privati da importare nel pubblico e viceversa. Gente come noi, che riesca per qualche anno a darci l’illusione di essere governati e prima ancora di essere governabili, cosa che non siamo. Gradassi simpatici, insomma, da seguire volentieri lungo il cammino immaginario delle magnifiche sorti e progressive di un’Italia che non è governabile in quanto non esiste. Renzi seduto da Vespa, che sbuffa, che motteggia, che fa il cavolo del comodo suo, che fa la scaletta a suo piacimento, che si incazza perché mostrano in camera il diradarsi dei suoi capelli (suo papà è calvo, in dieci anni lo sarà anche lui), Renzi che apre e chiude, che decide e rivendica e se non sei d’accordo non ti molla un calcio sulle gengive solo perché è buono, questo Renzi insomma è quello che ci vuole.
Il che naturalmente non significa che faccia tutte cose giuste, anzi. Ne fa di sbagliate a carrettate, ma le fa. E quando ghigna in sè stesso rendendosi conto di avere il coltello dalla parte del manico (non si illudano i comitati del NO al referendum di ottobre), allora da il meglio di se. E piace, e convince, e diverte. Come un presentatore, come un cabarettista. E noi giù a ridere. Viva l’Italia, viva la Toscana!