“Sono in estasi davanti alla sua energia”. Così – dice la quarta di copertina di “Secondo Matteo”, il perdibile libro di Salvini in uscita in questi giorni (non diciamo quando, e non mettiamo nemmeno la copertina, che pubblicità non gliene vogliamo fare) – si sarebbe espressa Marine Le Pen a proposito del segretario della Lega, impegnato in questi giorni in un marchettone facebukkiano permanente a uso e consumo suo e dell’editore (Berlusconi). Come abbiamo scritto ieri, le operazioni editoriali messe in campo dal leader del Carroccio suscitano non poche perplessità: mentre a Roma vuol rottamare Berlusconi, Salvini non si perita di farsi pubblicare il solito libro che prima o poi tutti i politici sentono il dovere di consegnare alla posterità; a giorni si attende anche l’uscita di un sito-blog-qualchealtracosa che non sappiamo se e come verrà pagato. Oggi vogliamo concentrarci sull’appassionante quarta di copertina apparsa sui siti dei rivenditori online: una summa della biografia di Matteo, un concentrato di verde eroismo, l’apoteosi della birrozza in bicchiere di plastica poggiata per terra a Pontida. Vi è citata, appunto, Marine Le Pen, la quale oltre a sciogliersi di fronte all’energia del nostro (e in effetti ci vuole un fisico bestiale per stare in tutti quegli studi televisivi) aggiunge che “è un uomo estremamente coraggioso e può andare al governo“.
Ora per carità, tutto è possibile. Se Salvini andasse al governo battendo Renzi (bum!) il Paese ne beneficierebbe sotto diversi aspetti: andrebbe un po’ meno in televisione, per esempio, consentendo a molti una digestione più facile alla sera; ci costerebbe meno, poché il Presidente del Consiglio percepisce meno rispetto a un eurodeputato (a un eurodeputato che a Bruxelles ci va quanto Grillo dal barbiere, nel caso di specie); avremmo la soddisfazione, è logico, di vederlo fare tutto ciò che dice di voler fare (sconfiggere l’ISIS, per esempio, arriva lui e vedrete che lo fa); benefici plurimi, insomma, nello spirito colto e pragmatico che lo distingue in ogni occasione (“Senti che puzza, scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani!”). E’ piuttosto la prima parte della dichiarazione della Le Pen che, chiediamo scusa, ci convince meno. “E’ un uomo estremamente coraggioso” fa il paio con il sottotitolo del libro, che recita “follia e coraggio per cambiare il paese”. Sulla follia siamo d’accordo, anche se la chiameremmo direttamente “pazzia”. Ma il coraggio? Le parole hanno ancora un senso o le possiamo buttare a vanvera laddove ci servono, all’occorrenza, per vendere mezza copia di libro in più? Che significa “coraggio”? Salvini è un modello di “coraggio”?
Che coraggio ci vuole ad andare in televisione a raccontare le proprie panzane a un pubblico spesso impreparato? Che coraggio ci vuole a prendersela coi più deboli cercando di innescare una guerra tra poveri dalle conseguenze imprevedibili e malaugurate? Che coraggio ci vuole ad accusare gente senza futuro che da un paese lontano compie mille miglia per venire spesso a morire sulle nostre coste? Che coraggio ci vuole a gridare contro di loro e non contro la dissennata politica estera occidentale che tutto ciò giornalmente permette? Che coraggio ci vuole a fare il gradasso col Papa, quando quest’ultimo fa il suo dovere e difende il rispetto dell’uomo per l’uomo e per la vita umana? Che coraggio ci vuole a fare le dirette su Facebook e rimproverare chi non tiene a bada i bambini mentre papà deve parlare con gli elettori? Che coraggio ci vuole a fare il fenomeno costruendo l’illusione di un irrealizzabile paese d’ordine, senza mai toccare i punti che sono le premesse del disordine?
Il coraggio, signori miei, è altro: è quello degli “eroi” e degli “uomini comuni” che ponendo di fronte a sé il faro della propria e altrui dignità cercano con tutte le forze di perseguirla, senza bisogno di andare in tv, senza bisogno di pubblicare finti libri e finti giornali, senza bisogno di rendersi ridicoli per racimolare una briciola di consenso in più. Stia attento Salvini, sta manovrando una nave contro uno scoglio, e quando impatterà e tutti dovranno buttarsi a mare – cosa che avverà, scritto e sottoscritto – non gli piacerà essere trattato come l’ultimo dei profughi della politica. E gli va ancora benissimo che si resti nel campo della metafora, che non corra il rischio di vivere sulla sua pelle il dramma di cui ogni giorno va cianciando. Allora sì che imparerebbe cosa sia il coraggio.