Questo è il racconto di come Alfio Marchini (di seguito in un’intervista rilasciata al quotidiano IlGiornale) ha stretto il patto con Silvio Berlusconi. Sullo sfondo c’è Roma, l’odore della città eterna, il futuro del centrodestra, la sfida elettorale, Meloni, Salvini, il Pd, il volto della Raggi, il referendum sulle riforme istituzionali, Renzi e il «non patto» del Nazareno. È, naturalmente, la sua versione, la versione di Marchini.
Deve una cena a Salvini?
«Perché?»
Salvini accusa Berlusconi di «renzismo» e Berlusconi il giorno dopo punta tutto su Marchini.
«La reazione scomposta di Meloni e Salvini svela che Roma è solo la scusa per attaccare la leadership di Berlusconi. E conferma la lezione di Guido Carli: in politica ahimè esiste solo la riconoscenza del giorno prima».
Oppure sono Giachetti e Raggi a dover ringraziare Berlusconi, Salvini, Meloni e Marchini?
«Sono i romani che devono ringraziare Berlusconi, rinunciare a un fuoriclasse come Bertolaso in favore di un movimento civico e autonomo è segno di lungimiranza e coraggio».
Niente accordi segreti con Renzi e Verdini?
«Fantasiose dietrologie. Non mi interessano. Continuo a pensare solo a come migliorare la vita dei romani. Tutto il resto è noia e folklore».
A pensar male…
«Si sbaglia. Giorgia Meloni aveva posto il veto sul mio nome, salvo poi candidare Rita Dalla Chiesa che prima ha dichiarato di avermi votato e poi pochi giorni fa ha definito la decisione di Forza Italia un’ottima scelta. Ogni commento è superfluo».
E Salvini?
«A Salvini ricordo che i gazebo della Lega hanno scelto Marchini».
Cosa non sopporta di Renzi?
«Non giudico mai le persone. Dal punto di vista politico ha perso una grande occasione. Un premier trentenne che regala il voto dei giovani ai Cinque Stelle ha obiettivamente sbagliato qualcosa».
Cosa voterà al referendum di ottobre?
«Voterò no. La via maestra per cambiare la nostra Carta rimane per me l’assemblea costituente. I nostri padri fondatori furono estremisti del buon senso e quello è l’unico estremismo nel quale mi identifico».
È un appello ai moderati?
«Senza una forza moderata, visionaria e riformista la nostra patria fiaccata da sette anni di crisi rischia una guerra civile strisciante».
E chi sono i moderati?
«I riformisti alla Luigi Einaudi. Quelli che si ribellano a tutti i populismi, compreso quello di governo».
I nomi?
«Oggi in Italia abbiamo tre populismi, quello di governo, quello di piazza di Meloni e Salvini e quello della rete M5S. Tutti e tre alimentano il conflitto sociale e tra le istituzioni. È una sciagura e la storia ci insegna che solo i moderati hanno garantito agli italiani settant’anni di benessere, sicurezza e libertà».
Non crede al successo del modello lepenista?
«Su questo ha ragione Berlusconi: fino a quando l’alternativa a Renzi saranno le invettive populiste il premier dormirà sonni tranquilli».
Nell’antica Roma repubblicana la sfida per il potere era tra populares (popolari) e optimates (aristocrazia). Sta con Cesare o con Catone?
«Cesare. È stato un grande anche nella sua tragica morte».
Lo sa dove si trova il luogo delle Idi di marzo?
«Ci passo ogni mattina quando vado a lavorare: largo di Torre Argentina. Scavi meravigliosi e non valorizzati per la gioia dei gatti romani».
Sia sincero, perché una persona saggia dovrebbe fare il sindaco di Roma?
«Le rispondo con una citazione a me cara: chi vive senza follia non è così saggio come crede».
L’addizionale Irpef di Roma è la più alta d’Italia. La abbassiamo?
«Abbassare le tasse si può e si deve. Ecco un numero: a Milano la metro incassa 400 milioni l’anno. A Roma con il doppio dei passeggeri si incassa la metà. Basta alzare i tornelli come hanno fatto a New York e rimetteremo i soldi in tasca ai romani».
Cosa le ha detto Berlusconi quando vi siete incontrati?
«Che vuole vincere».
E perché proprio lei?
«Perché il nostro movimento civico ha costretto alla resa il Pd davanti a un notaio. Non hanno neanche avuto il coraggio di sfiduciare Marino in consiglio. Ci siamo meritati sul campo la guida di questa sfida».