di Rossella Muroni, presidente nazionale Legambiente
Un aerogel ecologico prodotto da scarti agroalimentari del territorio, un materiale isolante ottenuto dalla lana vergine di pecora al 100% altrimenti inutilizzata e posidonia spiaggiata, un contenitore per alimenti naturale e compostabile prodotto da una fliera italiana: le esperienze di chimica verde che abbiamo premiato quest’anno a Bioenergy, la fiera delle tecnologie rinnovabili in corso a Cremona, dimostrano che la Bioeconomia è una realtà in marcia. Ed è significativo che i premiati siano in genere aziende medio-piccole, tipiche del Made in Italy.
In certi casi start up innovative, ma in altri casi aziende storiche che hanno avuto l’intuizione e il coraggio di aprirsi a nuovi materiali e a processi più sostenibili. Alcune di queste innovazioni ci proiettano verso primati internazionali, altre, come nel caso del packaging alimentare, sono in grado di modificare abitudini ed enormi volumi di materiali che oggi finiscono in discarica o dispersi nell’ambiente. Prese singolarmente, queste esperienze non sono in grado di promettere cifre roboanti di posti di lavoro, ma nel loro insieme rappresentano un’opportunità assai più vitale di crescita economica e di lavoro qualificato, perché a differenza dei grandi poli petrolchimici e delle piattaforme off-shore, per esempio, sono realtà inserite in una fitta rete di cooperazione e di filiere territoriali, che intrecciano la chimica e la produzione energetica con l’agricoltura e con la produzione di cibo. Una vitalità che si riflette anche nelle tesi di laurea degli studenti che premiamo ogni anno e che ci fanno intravvedere un’alternativa possibile al pianto sulla ‘generazione perduta’ e sulla fuga di cervelli dall’Italia.
Ma il nostro governo deve scegliere. In fondo, il vero nodo alla radice del referendum del 17 aprile scorso era proprio questo: quale politica energetica, o meglio “economica”, si intende adottare per il nostro Paese? Si vuole rimanere inchiodati al vecchio modello di sviluppo, a tutto vantaggio delle lobby del fossile e continuando a frenare lo sviluppo delle rinnovabili, oppure si vuole sostenere veramente la conversione verso un’economia low carbon, come dichiarato a Parigi in occasione della Cop 21?
Se realmente si intende raggiungere, come dichiarato dal Premier dopo il voto, il 50% di produzione di energia da fonti rinnovabili entro la fine della legislatura, varrà allora la pena di sostenere decisamente la produzione e l’immissione in rete del biometano, che ha un potenziale di produzione nazionale di 8 miliardi di metri cubi, ossia 4 volte tanto quello del metano estratto dalle piattaforme oggetto del recentissimo referendum. Puntare sulla chimica verde, quale settore più innovativo della Bioeconomia rappresenta una grande sfida ecologica e una grande occasione di rilancio economico per l’Italia e per l’Europa. Huffington Post