Proprio così. A questa Italia la Democrazia non va proprio giù. Ne consegue che non è qualcosa che l’Italia, ed ancora prima gli italiani, merita. E se per Democrazia intendiamo quei processi cui le decisioni sono assunte da coloro sopra le cui vite ricadranno gli effetti delle decisioni medesime, non si potrebbe fare altro che rincarare la dose: agli italiani la democrazia fa proprio schifo. E se in occasione del referendum sulle trivelle il quorum si è fermato appena sopra il 30%, vi sono dei motivi precisi e molto gravi cui concentrarsi. Anzitutto, parliamo di un referendum abrogativo: chi non è andato a votare, quindi, è come se si fosse espresso per il no. Cosa ancora più importante è che (contrariamente a quello che pensano molti di quelli che si sono recati alle urne votando sì) le trivellazioni in Italia esistono già. Il referendum, nella sostanza, ha chiesto se si fosse in disaccordo a che nelle circa sessanta piattaforme già esistenti in acque italiane si continuino ad estrarre petrolio e gas anche dopo la fine delle attuali commesse, che scadranno soltanto tra qualche anno. Chi ha votato sì, si è espresso a favore della dismissione delle piattaforme di estrazione al termine delle commesse. Chi ha votato no (o chi non è andato a votare) si è espresso favorevolmente al rinnovo dei contratti con le compagnie anche dopo il termine degli attuali contratti e fino ad esaurimento dei giacimenti. Tenuto conto anche del fatto che ciò che estraiamo nei nostri mari equivale più o meno al 3/4% di ciò che compriamo all’estero, in molti tra i sostenitori del sì ritenevano e continuano a ritenere questa percentuale una percentuale di potenziale guadagno sacrificabile, a fronte di una maggiore salvaguardia ambientale.
Sul voto è pesata come un macigno la posizione del Governo ed in particolare di Matteo Renzi, quest’ultimo frontman di una campagna elettorale fortissima per l’astensione. Un fatto di per sé molto grave, per il semplice fatto che essendo questo presidente il presidente di tutti gli italiani (per tutti si intendono i sostenitori del si e del no), avrebbe dovuto lasciare libertà di coscienza ed anzi invitare la popolazione ad esercitare un diritto-dovere ritenuto sacro, indipendentemente dalle posizioni legittime di ognuno. Ed indipendentemente dal fatto che potesse vincesse o meno una posizione o l’altra. La priorità era che il quorum fosse raggiunto. Ed il risultato di oggi ci sottolinea ancor di più come il Popolo sia di fatto disgustato da questa politica e da questi politici. E di come il Governo stesso, non avendo interesse a che la popolazione fosse interessata ad esporsi (e quindi a recarsi alle urne), ha preferito confondere il corpo elettorale inducendolo ad una astensione controllata. Badate bene: stiamo parlando di un Governo non legittimato da un voto popolare, uscito con le ossa rotte da un’inchiesta che ha portato alle dimissioni di un ministro e che non mancherà di far cadere altre teste. Un qualcosa di vergognoso al solo pensiero. A tal proposito, non si osa immaginare cosa sarebbe accaduto se al posto di un governo a guida Pd vi fosse stato un Esecutivo di segno opposto.
Ed intanto Renzi è atteso al varco. Il premier ha già detto che – oltre le questioni prettamente di norma – il referendum di ottobre sulla riforma costituzionale sarà in tutto e per tutto un referendum politico, che stabilirà addirittura la sua permanenza stessa sulla scena. In sostanza, oltre che sulla modifica alla Costituzione, sarà anche (e soprattutto) un referendum sulla sua persona e sull’azione dell’Esecutivo. Non vi è dubbio che agli oltre 13 milioni di italiani che sono andati ieri a votare (di cui più dell’80% si è espresso all’incontrario di come desiderava lo stesso Renzi), il prossimo ottobre si aggiungeranno certamente tutti coloro che proprio di Renzi non condividono percorso, linea ed azione di Governo. E si esprimeranno senza indugio con ancor più convinzione di quanta ne è stata impiegata sulle trivelle. Si spera. dibella@freedom24news.eu