Qualche tempo fa, sul suo sempre interessante blog, Paolo Barnard faceva notare un fatto in definitiva ovvio: che la ragione principale per la quale un genitore si spacca la schiena dalla mattina alla sera sia di evitare che in futuro i suoi figli debbano fare lo stesso. In Italia questo assunto è stato valido per la generazione uscita dall’ultima Guerra Mondiale, che lavorò per consegnare ai propri rampolli – nati negli anni Cinquanta e Sessanta – un Paese migliore di come essi stessi l’avevano vissuto, con boom economico e di edilizia e meraviglie varie.
Per quei rampolli – che sarebbero i nostri genitori – non è stato lo stesso: il loro duro lavoro, finalizzato a darci la possibilità di studiare e lavorare bene, non è più inversamente proporzionale alla fatica che incontreremo noi per farci strada nella società. La quale strada, lo sappiamo, finisce spesso nelle pieghe di un call-center o in un ristorante all’estero, vanificando l’impegno quotidiano dei nostri a lavorare tanto per far sì che noi potessimo lavorare meno e a migliori condizioni.
Questo ci porta ad un’altra considerazione: la generazione veramente tradita non è la nostra. E’ quella, appunto, delle nostre mamme e dei nostri papà. Noi ci abitueremo alle circostanze contingenti e con grande fatica riusciremo a tirarcene fuori, com’è proprio dell’essere umano. Forse, come i nostri nonni, troveremo la forza per dare vita ad un altro boom economico, edilizio e meraviglie varie. Ma i nostri genitori, che hanno lavorato per i loro figli e si sono trovati ad aver faticato per anni senza riuscire a sistemarli come avrebbero voluto, sono stati traditi nelle loro aspettative. Nell’obbiettivo di creare un benessere per noi.
E allora un pensiero al quotidiano lavoro di chi ci mantiene, ancora oggi, magari superata l’età del riposo, nonostante gli acciacchi e la stanchezza. Avranno intuito, forse, che il loro impegno per il nostro futuro non è servito quanto avrebbero voluto. Ma continuano a impegnarsi, nella speranza che qualcosa possa cambiare, e che magari siamo noi a cambiarla. E la generazione che spera, nonostante il tradimento, è forse la migliore di tutte.