Donne, voto, diritti. Meryl Streep porta al cinema le “Suffragette”

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Still from Suffragette (2015)

di Claudia Cirami

La Streep è stata accontentata. Già in passato si era schierata su posizioni femministe, lamentando il maschilismo hollywoodiano, che paga meno le attrici, rischia poco sui ruoli difficili da affidare al “sesso debole” e poi si libera delle interpreti mature senza tanti complimenti. Con Suffragette, uscito nelle sale italiane il 3 marzo di quest’anno, Meryl Streep ha potuto affrontare il tema dell’uguaglianza tra uomo e donna andando direttamente alle origini. Dove il problema non era certo la mancanza di un ruolo in un film, ma quello più serio del diritto al voto e, in generale, di una condizione femminile fortemente svantaggiata.

Il film, ambientato nella Londra dei primi decenni del secolo XX, narra della lotta coraggiosa di alcune donne perché il diritto di voto non fosse appannaggio dei soli uomini. La battaglia non sarà breve, né facile: la possibilità di votare sarà ottenuta solo più tardi, nel 1928, e le proteste saranno anche corredate da azioni violente. Il termine “suffragette” si riferisce proprio a queste donne che si sono battute nel mondo anglosassone per il diritto di voto (suffragio). In realtà, rispetto all’azione del film, il movimento delle suffragette fa la sua comparsa diversi anni prima, nel 1869, e nel 1897 viene costituito il National Union of Women’s Suffrage, fondato da Millicent Fawcett. Questa donna cercava di richiamare anche gli uomini perché potessero sostenere le rivendicazioni femminili. Quello che in fondo, oggi, si propone di fare la campagna #heforshe, portata avanti dall’UN Women (United Nations Entity for Gender Equality and the Empowerment of Women), per il raggiungimento dell’uguaglianza di genere: il coinvolgimento degli uomini, oggi come allora, sembra essenziale – secondo molte femministe – per arrivare ad un cambiamento di mentalità. Solo facendo leva sugli uomini più sensibili al tema, secondo loro, sarà possibile per le donne raggiungere la parità.

Il cast del film, oltre alla Streep, presenta Carey Mulligan e Helena Bonham Carter. La Streep ha creduto molto in questo film, non limitandosi alla recitazione. Lady Oscar interpreta Emmeline Pankhurst, fondatrice del movimento femminista Women’s Social and Political Union (WSPU), che si proponeva di ottenere l’estensione del voto alle donne. La Pankhurst fu molto attiva e venne anche arrestata per le sue rivendicazioni. Suffragette è un film tutto al femminile: una regista, Sara Gavron, l’ha girato, una sceneggiatrice, Abi Morgan, lo ha scritto. La regista ha spiegato che  l’opinione pubblica non è molto consapevole delle battaglie che queste donne hanno portato avanti, delle difficoltà affrontate, del prezzo che hanno pagato. La stessa Streep si è detta stupita del fatto che la loro storia non fosse mai stata seriamente affrontata dal cinema. Anche se, viste le accuse che le attrici rivolgono all’industria cinematografica, in realtà c’è davvero poco di cui stupirsi e non è un caso che un film del genere sia nato in un contesto femminile e femminista.

Tra personaggi inventati e figure realmente esistite, Suffragette ci offre un quadro della condizione della donna nei primi del Novecento. Non sono mancate le critiche: c’è chi ha messo in rilievo l’eccessiva semplificazione della storia, chi ha fatto notare l’accentuazione dei problemi delle donne (il personaggio della Mulligan, ad esempio, oltre a lavorare duramente fin da bambina, è pure abusata sessualmente dal datore di lavoro). Ma la pellicola è stata apprezzata dal Women Film Critics Circle, organizzazione fondata nel 2004 che raccoglie 80 donne che si occupano di critica cinematografica. Basta scorrere la lista dei premi attribuiti al film: miglior attrice a Carey Mulligan; miglior film sulle donne, miglior film diretto da una donna; miglior cast; miglior rappresentazione femminile in un film; film più coraggioso e il Karen Morley Award, premio intitolato all’attrice omonima che fu boicottata dalle case cinematografiche per il suo impegno sociale e politico.

La Streep ha spiegato a Repubblica (8/3/2016, intervista di Arianna Finos) che oggi diverse donne sembrano poco convinte di queste battaglie femministe: «Se godi dei diritti e sei in una posizione privilegiata – ha detto l’attrice – pensi che forse la lotta non è conclusa ma le cose vanno abbastanza bene. Ti impigrisci. Molte giovani sentono di aver raggiunto posizioni di potere e pensano: “sono polemiche sbagliate”. Ma noi che siamo più anziane… ricordiamo bene che ancora negli anni Settanta c’erano poche donne medico e avvocato. Rare quelle negli affari, a parte le segretarie. Ancora tante donne nel mondo vivono come nel Novecento». Nello stesso giorno in cui è uscita l’intervista alla Streep – l’8 Marzo, festa delle donne – Costanza Miriano, interpellata da Intelligo News, ha offerto un parere di segno opposto. Parlando della festa delle donne, ha detto: «Sinceramente vivo questa ricorrenza come un giorno normale, non credo ci sia bisogno di una festa perché le conquiste le abbiamo ricevute in dono al momento della nascita. Non credo cioè che le donne debbano emanciparsi da nulla o conquistare ciò che abbiamo già… La retorica femminista qui in Occidente la trovo cioè completamente fuori luogo. Altrove la condizione della donna chiede battaglia, ma non è il nostro caso». Punti di vista diametralmente opposti, che mostrano come sulle donne e per le stesse donne, la questione non sia ancora arrivata ad una soluzione unanimemente condivisa. E nemmeno gli uomini, anche se coinvolti, serviranno per scrivere presto la parola fine. La Croce – Quotidiano