di Franco Marino
Quando si pensa che l’Italia è una colonia degli Stati Uniti, molti tendono a non accettarlo per una ragione semplice: tutti sono abituati all’idea che una colonia sia quella cosa per cui arrivano dei militari, si appropriano di casa tua, del tuo terreno e da quel momento diventi un loro schiavo. E’ qui il trucco del neocolonialismo americano, l’idea cioè di lasciare formalmente intatte le sovranità nazionali, possedendo tuttavia – o in via diretta o in via indiretta – i mezzi che permettono al padrone di controllare le economie dei territori posti sotto la sua influenza. Cosa accadrebbe se l’Italia decidesse di riprendere la via del neocolonialismo e di riprendere tutti quei territori che era riuscita a conquistare, a partire dalla Libia, sino ad arrivare alla Somalia e passando per l’Etiopia, l’Egitto e il Sudan? Accadrebbe che quei territori entrerebbero nell’amministrazione italiana e che l’Italia sarebbe costretta, come prezzo inevitabile del fatto di esserne proprietari e di godere delle risorse, ad impiegare risorse ingenti per gestirli. Questo procedimento è stato alla base dello sviluppo di città come Asmara, Addis Abeba, Mogadiscio, Tripoli, Bengasi: città praticamente italiane che devono la quasi totalità delle proprie realtà produttive ancora oggi esistenti alla presenza degli italiani negli anni.
Gli americani applicano un ragionamento diverso e per certi versi matematicamente molto più corretto anche se umanamente abietto e malvagio. Supponiamo che un ricco americano volesse appropriarsi di una bella villa con un bel terreno, che ha delle risorse nel sottosuolo, e via discorrendo. Costui non conquisterebbe la villa con la forza, perché questo lo costringerebbe non solo a sfruttare le risorse ma anche a dover sostenere le spese che quella abitazione inevitabilmente comporterebbe. Piuttosto cerca di far sì che il proprietario della villa gli consegni tutte le risorse, sia pure lasciandolo formalmente proprietario, ma influendo sul modo con cui il proprietario guadagna. Per essere chiari, fa in modo di controllare l’azienda dove il proprietario lavora, oppure la banca che gli offre una determinata copertura extra (fido). Ed ecco che magicamente, se il proprietario scopre che la cosa non gli conviene e prova ad opporsi, la banca gli ritira la copertura, viene licenziato dall’azienda e allora è costretto a piegare la testa. Una cosa di questo tipo conviene molto di più rispetto al possesso diretto della villa, perché risparmia le spese per il mantenimento che sono tutte a carico del proprietario (che per sostenerle è costretto a fare debiti, guarda caso proprio con la banca controllata in maniera più o meno diretta dall’americano), ma assicura all’americano il controllo delle risorse.
Si estenda il concetto ad altre ville, ed ecco spiegato come l’americano costruisce tutta la sua forza. Il punto cioè che sfugge ai tanti che ancora non se ne rendono conto, è che si è davvero proprietari di qualcosa quando si è proprietari di colui che è proprietario di quel qualcosa. E quando tu sei in grado di controllare il proprietario, potendolo mandare in mezzo ad una strada se non fa quello che dici tu, tu di fatto hai il tipo di proprietà più conveniente, perché ti permette di godere dei frutti di quella proprietà, senza dover però sostenerne le spese. L’Italia è una colonia proprio per questo.E’ fondamentalmente proprietà degli italiani, cosa che fa ingannevolmente pensare agli italiani di essere indipendenti. Eppure, se solo gli italiani provassero a dire che una certa situazione non gli conviene, ecco che da fuori (possedendo la Magistratura), si può far fuori il politico che si ribella e decimare la sua classe dirigente, di fatto rendendolo impotente. Oppure controllando l’economia locale riciclando i proventi del traffico internazionale di droga, ed infiltrando quindi il territorio italiano con mafiosi, camorristi, n’dranghetisti che hanno il compito di far circolare il denaro e puntando molto sulla stereotipizzazione della criminalità locale (affinché nessuno si renda conto dell’inganno e tutti pensino di essere dei fenomeni italiani e che dunque siamo tutti mafiosi), attraverso il controllo dei media e della cultura. Controllando tutto questo si può decidere quale tipo di amministratore piantare in quel territorio, e sarà un amministratore che farà gli interessi del padrone straniero. Bombardando l’Italia di prodotti americani, musica americana, cinema americano, che hanno lo scopo di alterare la mentalità degli italiani e di trasformarli in soggetti consumatori che, mentre ascoltano canzoni straniere, mentre usano tecnologie straniere, non sanno che i loro soldi non contribuiranno alla nascita di un’economia italiana, bensì a sviluppare economie di altri paesi.
Questa è la situazione in cui l’Italia si trova. E se l’Italia vuol tornare (e io ci credo ancora) ad essere un grande paese, deve prendere consapevolezza della realtà in cui sta vivendo. Perché la grave crisi che viviamo, sociale, politica ed economica, è figlia proprio del nostro status di colonia americana. Non è questione di fare facile sciovinismo. Chi scrive è una persona con ideali forti e radicati. Ma potrei anche, in nome di un certo senso della realtà che personalmente sento di riconoscermi, accettare lo stato delle cose, se solo queste stesse cose ci convenissero. E’ proprio perché questa situazione non ci conviene che ci si ribella. Più andremo avanti più saremo schiavi e più saremo poveri. Il tutto mentre ragioniamo con schemi introdotti ad arte da parte di chi non vuole governarci. Ci butteranno via quando non serviremo più.