La riforma costituzionale sulla separazione delle carriere prevede profondi cambiamenti nell’organizzazione della magistratura italiana. Se approvata, porterà alla creazione di due distinti Consigli Superiori della Magistratura, uno per i magistrati giudicanti e uno per i magistrati requirenti, superando l’attuale assetto unitario. La presidenza di entrambi i nuovi organi sarà affidata al Presidente della Repubblica, che già guida l’attuale Csm.
I membri di diritto dei due organi includeranno il Primo Presidente della Corte di Cassazione e il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, rispettivamente per il Consiglio giudicante e quello requirente. Gli altri componenti verranno estratti a sorte: un terzo da un elenco di professori e avvocati compilato dal Parlamento, mentre i restanti due terzi saranno scelti tra magistrati giudicanti e requirenti. I vicepresidenti di entrambi i Consigli saranno eletti tra i membri sorteggiati dall’elenco parlamentare, con un mandato quadriennale non rinnovabile. Durante il loro incarico, i componenti non potranno esercitare la professione forense né ricoprire cariche parlamentari o regionali.
La riforma introduce anche un’Alta Corte disciplinare, con giurisdizione sui procedimenti disciplinari di tutti i magistrati ordinari. Questo nuovo organo sarà composto da 15 membri, tra cui tre nominati dal Presidente della Repubblica, tre sorteggiati dall’elenco parlamentare, e i restanti nove sorteggiati tra magistrati giudicanti e requirenti con requisiti specifici.
Tuttavia, la proposta ha incontrato forti critiche dall’Associazione Nazionale Magistrati (Anm). Il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, ha dichiarato che, in caso di approvazione, l’associazione si impegnerà a sensibilizzare l’opinione pubblica sui motivi di contrarietà. Ha sottolineato che il Parlamento ha il diritto di riformare la Costituzione, ma ha invitato a un ampio dibattito pubblico per garantire una scelta consapevole in vista di un possibile referendum. Per Santalucia, la riforma non solo sarebbe inutile, ma rappresenterebbe “uno strappo al tessuto costituzionale” che ha garantito equilibrio negli ultimi decenni.