Donald Trump inaugura la sua seconda presidenza con un discorso infuocato che mette Panama, Canada, Groenlandia e Messico al centro di una nuova offensiva politica. Il tycoon, fresco di riconferma, non ha risparmiato accuse e minacce: dalla coercizione economica all’annessione territoriale, fino all’ombra dell’uso della forza. La reazione degli Stati coinvolti? Comprensibilmente gelida, mentre la comunità internazionale osserva con crescente preoccupazione.
Particolarmente pungente è stata la stoccata al Canada, che Trump vede come il bersaglio principale del suo piano di espansione geopolitica. Dopo aver già suggerito in passato che Ottawa potrebbe diventare “il 51° Stato”, ora rilancia con un messaggio ancora più aggressivo: “Non abbiamo bisogno dei loro prodotti e il deficit commerciale è insostenibile. La linea di confine è un’invenzione artificiale e la sua eliminazione migliorerebbe la nostra sicurezza”.
Non contento, l’ex presidente ha pubblicato sul suo social Truth una mappa degli Stati Uniti che ingloba il Canada, seguita da un’immagine in cui entrambi i Paesi sono avvolti nella bandiera americana. Un gesto simbolico che alza ulteriormente la tensione e che prefigura un quadriennio di forti contrasti sullo scacchiere globale.