di Francesco Finocchiaro
per Corriere Etneo
Ancora una volta, dentro le caffetterie della città, si discute animatamente – si fa per dire – della prossima fiera di settembre, appuntamento storico della città. Circola da qualche giorno – grazie alla stampa – la copia della determina dirigenziale con cui si pretende di trovare un organizzatore dell’evento in pochi giorni. Un privato, quindi, che si sostituisca all’ente pubblico – privo di idee e di risorse – per organizzare, un evento culturale e commerciale, che ha fatto la storia della città nel lontano passato. Un evento, che è tra quelli che consideriamo in città “patrimonio dell’umanità”, insieme al Carnevale più bello di Sicilia e al festival di di Roccanormanna (ormai defunti).
Ricordi, ormai sbiaditi, di una comunità che non riesce più a guardare oltre e si rifugia in un passato romantico che non tornerà mai più. Una città che non ha ancora compreso che dopo gli anni ’90 il mondo è cambiato e non si può sperare di tornare indietro per evocare antichi splendori. Nell’era di Amazon, dei grandi centri commerciali, della realtà aumentata e della globalizzazione, c’è ancora chi pensa di fare un mercatino rionale alla villa comunale. Un mercatino che ripropone – in chiave più sbiadita – il mercato trisettimanale delle Salinelle. Sveglia, siamo nel XXI secolo.
In città il dubbio è solo se ci sarà qualcuno che organizza in tempi brevi, se sarà il solito amico degli amici, se le papere della villa saranno protagoniste, se verrà la tipa del “TikTok” dello scorso anno, se ci sarà il camion dei panini. Insomma, questi sono i grandi dubbi che si pone la politica, ovviamente solo grazie a una delibera trovata e pubblicata dalla stampa locale. Non serve fare altri commenti, siamo tutti sospesi in attesa di giudizio, magari proprio a settembre. Ormai il silenzio è la colonna sonora di questi tempi in città, sempre in attesa del Messia, sperando che non sbuchi all’ultimo momento Barabba. E lo dico per tutti, nessuno è incolpevole. La politica ha preso il vizio di guardare di nascosto da dietro la siepe.
Torniamo alla “fiera di settembre”.
Che si organizzava proprio nei primi di settembre in prossimità della festa della bambina (8 settembre) e aveva una ragione di esistere all’interno di un calendario agro-pastorale che trovava le sue coordinate cristiane proprio nella festa della Madonna. Un mercato di bestiame e prodotti agricoli localizzato sotto l’acropoli in prossimità del dazio e dell’ingresso a sud della città dove oggi ci sono solo distributori di carburanti, in via Giovanni Verga. Questi mercati erano utili in un momento di transizione tra la fine della stagione agricola del grano e la preparazione di quella successiva. Nel tempo, le fiere sono diventate l’occasione per conoscere le innovazioni tecnologiche nel settore agro-alimentare e artigianale. Macchine, macchinari, tecniche, prodotti per l’agricoltura e insieme feste, canti, socialità. In qualche modo punti di riferimento del distretto agricolo del Simeto, in un momento che la città era il punto di convergenza dei flussi tra oriente e occidente, tra sud e nord – ancora non c’era l’autostrada, internet e le normative sulla sicurezza e l’igiene.
Negli anni a seguire, proprio per venire incontro alle nuove esigenze della mobilità e per tanto altro, la fiera si è spostata alla villa comunale, trasformandosi in quello che oggi ricordiamo meglio; famose sono le edizioni organizzate con la collaborazione del Maestro Barbaro Messina (che spesso oggi utilizziamo più come reliquia, invece di valorizzarlo per quello che rappresenta sul piano professionale). Ma con il tempo, abbiamo perso il senso della fiera, non siamo riusciti ad adeguarci alle mutate condizioni commerciali e culturali e adesso riproponiamo un modello obsoleto e praticamente inutile. Da luogo di innovazione e di anteprima sul piano dell’offerta commerciale del settore agricolo-artigianale con qualcosa per la scuola (che iniziava ad ottobre), adesso è solo una settimana di panini e crispelle con cianfrusaglie e cineserie. Poca cosa, tanto vale andare su Amazon.
A questo punto la domanda sorge spontanea.
Meglio prepararsi da adesso per l’edizione 2025? Magari pensandoci in tempo con un format rinnovato e coerente ai nostri tempi? Magari in collaborazione con esperti del settore fieristico e con eventuali sponsor e istituzioni? Magari trovando nuovi tematismi culturali e commerciali più coerenti ai nostri tempi? Invece di inseguire la pressione mediatica dei leoni da tastiera. E se si creasse un “comitato” (suona meglio di parole come fondazione per molti) per gestire il calendario annuale di carnevale, rocca normanna, fiera di settembre, le processioni sacre e tanto altro? Ci sono tante formule per risolvere la questione ma appare chiaro che ad oggi navighiamo a vista e non basta più nel 2024. E se la nuova fiera di settembre si organizza anche in funzione della nuova stazione della metropolitana, in zona Ardizzone o piazza della regione? Basterebbe allargare lo sguardo per capire in quella direzione vogliamo andare, allargare e approfondire. Tutto work in progress.