Il primo passo per superare la diversità è conoscerla: non giudicare un libro dalla copertina. Sono le parole di Ronni Abergel, attivista e giornalista danese impegnato nella lotta per i diritti umani che nel 2000, a Copenhagen, fonda la Human Library. Si tratta di un’organizzazione no profit che nasce come risposta all’aggressione a sfondo razzista subita da un compagno, nel 1993. In quell’occasione, Ronni e il fratello, supportati da un gruppo di amici, decidono di rispondere all’intolleranza con la comprensione, progettando uno spazio in cui due persone – un lettore e una persona-libro – possano confrontarsi senza temere il giudizio reciproco. Una “biblioteca vivente”, dove i protagonisti sono esseri in carne e ossa.
La trovata di Abergel si fonda sull’idea che la biblioteca rappresenti l’istituzione più inclusiva di tutti i tempi, un luogo in cui c’è spazio per tutti, a prescindere dalla propria condizione economica e socio-culturale; un contenitore in cui tolleranza e accettazione sono benvenute, un angolo adatto all’abbattimento dei pregiudizi, raccontati da chi, di norma, ne è vittima.
Il modello adottato da Abergel è stato ripreso da 80 paesi in tutti i continenti, il che gli è valso il riconoscimento di “buona prassi per il dialogo interculturale” da parte del Consiglio d’Europa. In questa prospettiva, la lettura diventa un vettore di scambio, in cui l’esperienza del singolo si fa trama di una minoranza stigmatizzata alle prese con le domande dell’ascoltatore.
Orientamento sessuale, identità di genere, religione, disabilità, malattia mentale, dipendenze, disoccupazione, multiculturalità: molte le tematiche affrontate, nel tentativo di perseguire un modello comunitario sempre più coeso e inclusivo, in cui la divergenza è vista come un punto di forza. Una sfida al pregiudizio e a ogni forma di discriminazione, in cui rispetto è la parola chiave.
Come funziona la biblioteca umana? Si tratta di un’occasione di incontro dal vivo con la diversità, per promuovere un confronto basato sul rispetto al di fuori della propria zona di confort. Proprio per questo non è da intendersi come luogo fisico o materiale, piuttosto come l’allestimento di uno spazio condiviso in occasione di un evento. Per diventare volontario – quindi libro-umano – basta avere una buona storia da raccontare e candidarsi tramite l’apposito form sul sito della Human Library. Presa in carico la richiesta, il volontario viene indirizzato alle sedi virtuali e reali di biblioteche umane esistenti, dove potrà essere consultato e “preso in prestito” più volte, nell’arco di qualche giorno, a condizione che il tempo massimo per ogni “lettura” non superi i trenta minuti, arco stimato per l’abbattimento dei propri pregiudizi. Il lettore, dal canto suo, attinge a un catalogo di libri-umani – ciascuno dei quali contrassegnato da un breve titolo che ne riassume il contenuto – per poi essere messo in contatto con il narratore, tramite un bibliotecario.
In questa lotta contro gli stereotipi e i pregiudizi, ecco che la Biblioteca Umana si fa promotrice di inclusione, tolleranza e accoglienza, là dove la conversazione amichevole smantella ogni conflitto. Non sarebbe curioso, se anche noi per un giorno, potessimo raccontare la nostra storia?