“Ascolta e sarai saggio. L’inizio della vera saggezza parte dal silenzio”. Lo afferma Pitagora, che intorno al 530 a. C. fonda a Crotone una delle scuole di pensiero più influenti dell’umanità e che attribuisce al silenzio un valore assoluto, facendone la conditio sine qua non per potervi accedere. L’ingresso alla Scuola Pitagorica, precorritrice delle moderne università, è riservato a coloro che hanno trascorso un quinquennio in rigoroso silenzio, eccezion fatta per i più calmi, che possono entrare dopo due anni. Un luogo dove gli studenti vengono iniziati all’astronomia, alla musica, alla scienza, alla filosofia, non prima di essersi sottoposti a un rito di “purificazione” con un bagno fatto di assenza di suono.
Poiché la lingua è lo strumento attraverso il quale immettiamo sofferenza nella nostra vita – essendo molto difficile da governare – l’osservanza del silenzio diventa per Pitagora il canale in grado di plasmare una mente più riflessiva, il che avviene tramite il controllo della parola. Una lingua addestrata calma la mente, e permette all’essenza dell’individuo di emergere: se il silenzio è la prima pietra del tempio della saggezza, la sua osservanza consente all’uomo di conoscere i misteri insiti del cosmo, che per il filosofo di Samo è governato dal numero.
Il silenzio è un bisogno universale. È ciò che consente all’individuo si stabilire una connessione profonda con sé stesso, e di conseguenza, con l’altro. Tuttavia, nell’era dell’Antropocene sembra diventato un lusso appannaggio di pochi eletti. Nell’epoca della filosofia della distrazione e dell’invasione del decibel non sempre si riesce a ricercare il silenzio: l’inquinamento acustico pervade il quotidiano, i ritmi serrati scandiscono la metrica del giorno, la corsa alla performance diventa l’undicesimo comandamento. Per non parlare dell’inquinamento acustico interiore, risultato dell’incapacità di gestire pensieri ed emozioni che a lungo andare diventano cacofonici.
Le discipline orientali guardano al silenzio come una carezza per lo spirito, l’ingrediente che permette di raggiungere la pace interiore. E la meditazione è alla base di un ritrovato equilibrio, in cui la mente domata sottende il benessere.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità e la scienza concorrono nell’affermare che una vita immersa nel rumore è nefasta per la salute psico-fisica. E pensare che basterebbe mezz’ora di silenzio al giorno per assicurarsi una mente più sana. In Finlandia esiste persino uno spazio in cui le persone possono raccogliersi per un momento, estraniandosi dai rumori della città: è la “Cappella del Silenzio”, ad Helsinki. Ora, senza il bisogno di recarsi dall’altra parte del mondo, perché non concedersi il lusso di tacere di tanto in tanto?
Basta veramente poco per stare meglio. Tanto per cominciare, il silenzio pacifica la mente, riduce lo stress, favorisce la concentrazione, allena la memoria. Non solo: riduce il rischio di infarto grazie all’abbassamento della pressione arteriosa, accresce la capacità introspettiva e potenzia la creatività; inoltre, acuisce la comunicazione non verbale e favorisce la neurogenesi, nonché la rigenerazione dei neuroni. Insomma, il silenzio risana corpo, mente e spirito, poiché l’assenza di rumore apporta nuova consapevolezza al proprio io. È importante concedersi del tempo, un attimo per ritrovarsi a riflettere e raccogliere le proprie forze, imparando ad ascoltarsi. Ed è la paura di stare a contatto con i propri demoni interiori che spinge a rifuggire il silenzio: non siamo addestrati al senso di vuoto. Eppure, è proprio quel vuoto a indurre un senso di rilassamento e di quiete, là dove la mente apprende l’arte del qui e ora. E lo sa bene Thich Nhat Hahn, quando afferma che “La felicità della mente è più importante del benessere materiale. Gli oggetti ci confortano ma non possono far tacere la mente. Il silenzio dei pensieri è la più grande forma di pace”.
È nel silenzio che la moltitudine dell’individuo prende forma, e l’incontro con sé stessi diventa accoglienza dei propri misteri: basta un po’ di concentrazione. E il fiume di parole con cui narriamo agli altri chi siamo s’interrompe. E non è necessario isolarsi dal mondo o entrare in una vasca di deprivazione sensoriale per godere dei suoi benefici; è sufficiente apportare dei piccoli cambiamenti nel quotidiano per compiere una rivoluzione. Basterebbe silenziare le notifiche dei nostri device e camminare nella natura pochi minuti.
Pensiamoci bene: anche nel dialogo il silenzio assume un ruolo determinante. Educare al tacere, alla sospensione, alla pausa consente di giungere alla comprensione del pieno. Perché mentre si sta in silenzio la comunicazione con l’altro continua. Un gesto, un’espressione possono caricarsi di un significato nuovoche una parola superflua smorzerebbe.
Ogni messaggio è un contenitore di silenzi, un’alternanza tra pause e vuoti che facilitano la comprensione dei pieni e dei riempimenti. E a volte tacere è la miglior forma di dialogo, là dove parlare potrebbe risultare indiscreto. In questa danza semantica, in cui parole e silenzi si alternano, ogni pausa si colora di senso. Concediamoci una tregua di tanto in tanto: addestriamo la lingua all’assenza di suono, insegniamo all’orecchio l’arte del riposo, la mente ne uscirà risanata.