“L’OLIMPO DI CAMILLA” – “L’outdoor education”, quando la natura è maestra

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Photo: Andy Kuzma

di Federica Camilla Parenti

Che la natura rivesta un ruolo cruciale nel processo di apprendimento del bambino è risaputo fin dall’antichità. I meccanismi alla base del processo acquisitivo si consolidano più velocemente in uno spazio esterno, mediante l’osservazione diretta del mondo naturale e dei viventi. Già nel Seicento e nel Settecento, John Locke e Jean Jacques Rousseau promuovevano l’importanza dell’ambiente quale fattore alla base di ogni meccanismo cognitivo. Concetto ripreso circa un secolo dopo dall’americano John Dewey, filosofo e pedagogista, il quale incoraggia una didattica che valorizzi l’esterno come luogo educativo, che prende il nome di outdoor education: questa teoria si basa sul concetto di learning by doing, ovvero dell’”imparare facendo”, ripensando lo spazio di apprendimento come un’alternativa alla sedentarietà delle mura scolastiche, in nome di una pedagogia incentrata sulla cooperazione.

L’insieme delle attività educative – non strettamente curricolari – da svolgersi all’aperto pone al centro l’esperienza diretta quale fattore soggiacente il rapporto tra uomo e ambiente. In quest’ottica, il processo di interdipendenza del bambino dall’adulto o da sussidi compensativi lascia il posto a una nuova forma di apprendimento, basata sul gioco e il movimento. Non più banchi, libri, dispositivi digitali, ma una rimessa al centro della corporeità del soggetto, alle prese con attività improvvisate che ne valorizzino i cinque sensi. E la natura è maestra in questo: un rametto può facilmente diventare una spada, una castagna un’arma da scagliare contro il nemico. In natura tutto si ricicla, nulla si distrugge. Una manciata di terra può essere toccata, annusata, manipolata, trasformata in fango con un pizzico di volontà; basta aggiungere un po’ d’acqua. Madre natura mette alla prova le nostre abilità e i nostri limiti, in un’ottica sfidante, in cui il fattore rischio – funzionale all’apprendimento – è centrale.

L’educazione en plein air favorisce nuove forme di aggregazione, accresce la capacità del bambino di rapportarsi all’ambiente, rendendolo più consapevole, autonomo, attenzionato a preservare il patrimonio che fa da sottofondo alla lezione. È facendo, osservando, costruendo che si sviluppa una nuova percezione del sé. Non solo: gli psicologi concordano nell’asserire che l’educazione all’aperto porti con sé molti benefici, tra cui: lo sviluppo delle abilità cognitive e motorie, la sperimentazione di nuovi schemi mentali, l’aumento delle difese immunitarie e la produzione di vitamina D. Inoltre, facilita il sonno, stimola la creatività, riduce lo stress e innalza il tono dell’umore. Last, but non least,sviluppa l’autostima.

E allora, insegniamo ai nostri figli l’arte di sporcarsi le mani e a guardare fuori dalla finestra. Come diceva Bernard di Clairvaux, “troverai più cose nei boschi che nei libri. Gli alberi e i sassi ti insegneranno cose che nessun uomo ti potrà dire”.