Lo Stato Italiano deve ai suoi fornitori 50 miliardi. Un fatto indegno

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di Andrea Di Bella

Sembra incredibile ma non lo è. Lo Stato italiano, nella sua veste di debitore, manifesta una cronica inefficienza nel rispettare i termini di pagamento verso i privati, accumulando un debito commerciale che si aggira intorno ai 50 miliardi di euro. Un fatto oggettivamente indegno di uno Stato civile. Questo dato allarmante pone l’Italia in una posizione di svantaggio rispetto agli altri paesi europei, dove la media dei pagamenti ritardati è sensibilmente inferiore. In un contesto economico già fragile, tale situazione rappresenta una zavorra per il tessuto produttivo del paese, gravando principalmente sulle micro e piccole imprese, che costituiscono l’ossatura della nostra economia.

Il paradosso risiede nel fatto che, mentre lo Stato si permette ampi margini di ritardo nei pagamenti, esige dai cittadini una precisione draconiana nel rispettare le scadenze fiscali. La pubblica amministrazione non tollera ritardi nei versamenti tributari, imponendo sanzioni severe e interessi moratori che non fanno altro che aumentare il peso fiscale sui contribuenti. Questa asimmetria tra debitore pubblico e creditore privato mina la fiducia nel sistema, creando un senso di ingiustizia e frustrazione tra i cittadini e le imprese.

Il Decreto Legislativo 231/2002, riformato dal Dlgs 192/2012, stabilisce che i pagamenti nelle transazioni commerciali debbano avvenire entro 30 giorni, con un massimo di 60 giorni se concordato dalle parti. Tuttavia, la realtà è ben diversa: secondo Confartigianato, il tempo medio di pagamento delle fatture da parte delle amministrazioni pubbliche nel 2022 era di 40 giorni, con punte che superano i 56 giorni in alcuni enti locali​. Questa inefficienza non solo viola le norme vigenti, ma costringe le imprese a dover gestire flussi di cassa incerti, spesso ricorrendo a prestiti per far fronte alle proprie obbligazioni.

Le conseguenze di questi ritardi sono molteplici. Innanzitutto, le aziende fornitrici si trovano a sostenere costi aggiuntivi per il recupero dei crediti e per gli interessi sui finanziamenti necessari a colmare i buchi di liquidità. Inoltre, la lentezza nei pagamenti può portare a un circolo vizioso di insolvenze, con effetti a catena su tutto il sistema economico. È dunque imperativo che lo Stato adotti misure concrete per migliorare l’efficienza delle sue procedure amministrative, riducendo i tempi di pagamento e garantendo il rispetto dei termini contrattuali.

Il contrasto con l’inflessibilità mostrata verso i cittadini contribuisce a creare un clima di sfiducia e di risentimento. I contribuenti, che sono tenuti a rispettare scadenze rigide e a subire le conseguenze di eventuali ritardi, vedono nello Stato un ente che predica bene ma razzola male. Questo doppio standard non è solo moralmente discutibile, ma anche dannoso per l’economia nazionale, poiché mina la collaborazione tra settore pubblico e privato, necessaria per il buon funzionamento del sistema paese.

La questione dei pagamenti ritardati da parte dello Stato verso i privati rappresenta una delle molteplici criticità che affliggono la nostra burocrazia. È necessario un intervento deciso e riformatore, volto a garantire che la pubblica amministrazione rispetti gli stessi standard di precisione e puntualità che pretende dai cittadini. Solo così si potrà ricostruire un rapporto di fiducia e collaborazione tra Stato e cittadini, fondamentale per il progresso e la stabilità economica del nostro paese.