Il gran rosicare non tanto e non solo della sinistra politica, ma di tutto l’insieme di giornalisti, intellò, influencer e compagnia che stiamo vedendo in queste ore – mi si perdoni la franchezza – oscilla tra il patetico e il penoso. Davvero riesce difficile qualificarla altrimenti. La rivalità infatti è un conto, ma la demonizzazione costante dell’avversario, che una certa area riservava già ad Alcide De Gasperi, il quale parlò non a caso di «fascisti rossi», ecco, è un conto ben diverso.
Soprattutto, fa sorridere questo costante tentativo di etichettare il governo di Giorgia Meloni – che, peraltro, ora che è al completo possiamo dirlo: è di un livello imparagonabile a quelli cui ci avevano nostro malgrado abituato -, ora come orbaniano, ora come putiniano, ora come versione italiana di Alba Dorata, ora come medievale. Un crescendo rossiniano di fesserie che serve solo a nascondere un fatto in sé molto semplice: quello che si è da poco formato è un esecutivo di destra. E allora?
Dove sta il problema? Mistero. Qualcuno armato di santa pazienza forse dovrebbe spiegare agli amici democratici e progressisti – almeno a parole – una cosa semplice: l’idea culturalmente dominante di nazione, con l’Italia ridotta a Cenerentola europea, è una idea di parte. Esaltare come fosse il Vangelo certi diritti civili è una scelta di parte. La “decostruzione degli stereotipi di genere” è una priorità di parte. L’immigrazione come manna è cosa di parte. E oggi, semplicemente, comanda un’altra parte. Giulianoguzzo.com