In Sicilia Nello Musumeci fa un passo indietro, sbatte la porta e si sottrae al perdurare del confronto delle forze politiche sul suo nome in vista delle elezioni Regionali il prossimo 25 settembre. Ora, non vi è dubbio che tale gesto sarà adeguatamente “ricompensato” attraverso la più che probabile concessione a Musumeci come minimo di un posto da sottosegretario nel prossimo Governo di Centrodestra a guida Giorgia Meloni (o in alternativa di un seggio al Senato, per lui e forse anche per qualche suo fedelissimo). Ma la questione di fondo è un’altra, e cioè: perché? Perché tutti i partiti di Centrodestra, ad esclusione di Fratelli d‘Italia (che è l’attuale partito di Musumeci) non hanno gradito che l’uscente, avanti in tutti i sondaggi, venisse riconfermato alla guida della coalizione, quasi certamente vincente? Il problema di Musumeci è un altro. Non è scomodo e basta, come lui sostiene. A tal proposito, è d’obbligo una precisazione abbastanza ovvia: quando uno parla, esternando dichiarazioni dirompenti, o parla chiarendo in modo lampante e definitivo le questioni che pone, o non parla. Se poi quel qualcuno è il presidente della Regione, la faccenda dovrebbe rischiarare maggiormente i suoi contorni. Adesso, il punto è che il mantra di Musumeci è da mesi un laconico “sono un presidente scomodo”. Nulla da eccepire, il presidente è ovviamente liberissimo di definirsi come più gli aggrada. Ma manca il resto. E cioè: scomodo perché? Scomodo per chi? Scomodo quando? Musumeci non ha mai chiarito tali circostanze, abbandonandosi puntualmente ad una specie di vittimismo che lo ha anzi solo indebolito, sul piano istituzionale ed anche politico.
Detto questo, nulla da dire sul fatto che Musumeci sia stato e continui ad essere un uomo dal grande consenso elettorale che però – in decenni di militanza e di presenza nelle Istituzioni ai più svariati livelli – tra le tante cose, non ha saputo creare un’adeguata e nutrita classe dirigente, né ha saputo favorire un clima di concordia istituzionale attorno a se ma anzi di estrema diffidenza ed infine di chiusura. Ad esempio è uno, Nello Musumeci, che come portavoce della Presidenza della Regione di Centrodestra ha nominato una signora giornalista componente della Direzione regionale del Partito Democratico, ex europarlamentare di quel partito, infischiandosene dei contraccolpi che questa come altre decisioni potessero creare. Un uomo che, nominati gli assessori regionali, è riuscito a creare un solco enorme tra lui, loro e i partiti che li avevano espressi, facendo maggiormente aumentare il clima di diffidenza politica attorno al presidente-leader. Un leader di partito, Diventerà Bellissima, che è stato promotore di una fusione a freddo dello stesso movimento con Fratelli d’Italia senza avviare una sempre auspicabile fase di dibattito interno alla sua stessa area né con gli organi dirigenti del movimento stesso. E tutte queste scelte, prese di posizione, decisioni, nonché impuntature, in politica si pagano. Si pagano sempre, anche se sei Nello Musumeci, primo in tutti i sondaggi. Davvero un gran peccato, l’uscita di scena di un uomo solo al comando.