Buone notizie. Dopo decenni, il pensiero abortista su cui il filosofo Luigi Lombardi Vallauri scrisse pagine illuminanti, non solo non è evoluto, ma è regredito. Ora sta a un livello tale per cui ad Alfonso Signorini, che ha osato dirsi «contro l’aborto in ogni sua forma» nientemeno che in televisione, si è per lo più risposto con un’obiezione che, raccontata in tanti modi, di fatto è così riassumibile: «Se non hai un utero, sull’aborto taci».
Ne dobbiamo ricavare, seguendo il ragionamento, che non possa parlare di disabilità chi non ne abbia una qualche percentuale riconosciuta; che non possa pronunciarsi sulla violenza di coppia chi non abbia preso un po’ di botte dalla persona amata; che abbia titolo per denunciare gli orrori della guerra solo chi ha avuto almeno la casa distrutta da un bombardamento, e via di questo passo. La logica, chiamiamola generosamente così, è questa.
La buona notizia è dunque che il pensiero abortista ora vive di slogan e pure pessimi (non che ieri vantasse chissà che menti, eh), ma quella cattiva non è da poco. Succede infatti che l’abortismo intellettualmente così malconcio, ridotto a gracchiante megafono di vaccate, abbia e preservi il suo spazio nell’agone pubblico, oltre che mediatico. Intoccabile. Invece chi è contro l’aborto (come lo fu gente tipo Pasolini, Bobbio e Gandhi) è invitato a pesare le parole o, meglio, a tacere. Come ci siamo ridotti.