di Silvio Berlusconi
Quando molti anni fa abbiamo usato il fortunato slogan «meno tasse per tutti», non esprimevamo una semplice promessa elettorale, ma un’idea di politica economica ed anche qualcosa di più. L’idea era quella di cambiare radicalmente il rapporto fra lo Stato e il cittadino, a favore di quest’ultimo. Nella nostra visione liberale i cittadini non sono sudditi, sono persone titolari di diritti, fra i quali quello di disporre liberamente dei frutti del proprio lavoro. L’obbligo di versarne una quota allo Stato è una limitazione della libertà e dei diritti di proprietà, che è inevitabile, ma che va contenuta al massimo.
Ne deriva che promuovere la riforma fiscale è anche uno degli obbiettivi con i quali partecipiamo al governo Draghi. Un governo che non è il nostro e che tuttavia sosteniamo con forza e convinzione, anche perché è nato proprio per nostra iniziativa come risposta alla più grave emergenza sanitaria ed economica del dopoguerra, ma un esecutivo dal quale non possiamo naturalmente attenderci l’applicazione delle stesse politiche che metteremmo in atto se governassimo o da soli o con i nostri alleati naturali.
Tuttavia è assolutamente evidente che la riforma fiscale – insieme ad un uso accorto delle risorse del Recovery Plan (che non esisterebbe, o almeno non in questa misura senza il nostro intervento in sede europea) e ad altre riforme essenziali come quelle della pubblica amministrazione e della giustizia – è la condizione assolutamente necessaria perché le aziende possano tornare a fare utili e a creare occupazione, perché le famiglie possano riprendere a consumare e a risparmiare. E quando parliamo di riforma fiscale essa significa semplicemente un alleggerimento della pressione fiscale su cittadini, famiglie e imprese.
La nostra proposta finale rimane quella della flat tax, la realizzerà il futuro governo di centrodestra, ma fin d’ora è indispensabile un robusto taglio delle imposte. Per questo Forza Italia ha elaborato, attraverso i suoi dipartimenti, una proposta di riforma fiscale realisticamente praticabile con il governo di emergenza e la maggioranza di unità nazionale.
La nostra proposta si fonda su una no tax area per i primi 12.000 euro di reddito e solo tre aliquote, molto più basse (non oltre il 23%) per i successivi scaglioni di reddito, che abbiamo rivisto e razionalizzato. Senza entrare in tecnicismi, chi guadagna meno di mille euro al mese non pagherà alcuna tassa, i redditi medio bassi sopra quella cifra avranno con la nostra riforma dai 100 ai 400 euro mensili di maggiore reddito disponibile.
A questo naturalmente si accompagna il nostro no assoluto a qualsiasi forma di patrimoniale o di tassa di successione (significherebbe tassare due volte un capitale già sottoposto a tassazione nel momento in cui è stato costituito), la richiesta di un «anno bianco fiscale» con il blocco delle cartelle esattoriali fino al 31 dicembre 2021 e di misure per chiudere il contenzioso pregresso senza soffocare cittadini e imprese in difficoltà («pace fiscale»). Infine, per eliminare una volta per tutte la tentazione del governo di turno di usare la leva delle tasse in modo eccessivo, chiediamo di introdurre in Costituzione, così da non poterlo più mutare, un tetto massimo alla imposizione fiscale.
Su queste materie che ci appartengono da sempre, e sulle quali siamo credibili perché i nostri sono stati gli unici governi a non mettere le mani nelle tasche degli italiani sono certo vi sia un largo consenso fra i cittadini e nelle categorie produttive.
È una battaglia importante per il Paese che sottolinea ancora una volta la funzione essenziale di Forza Italia, unico movimento politico che sia coerente espressione dei principi liberali, cristiani, europeisti, garantisti.
Per questo, a fianco del lavoro che stanno svolgendo i nostri vertici nazionali e i nostri rappresentanti al governo, abbiamo mobilitato i nostri quadri e i nostri militanti in tutte le province italiane fin da questa domenica per spiegare e far conoscere le nostre proposte. Raccoglieremo le firme nelle piazze di tutte le maggiori città per far sentire con maggior forza la voce di un Paese che ha già sofferto troppo e che soffoca sotto una pressione fiscale incompatibile con lo sviluppo. IlGiornale