Recovery, via libera dalle Camere. Draghi: “No inerzia, l’Italia cambierà”

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Il premier Mario Draghi ieri al Senato. ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI

Con 224 voti a favore, 16 contrari e 21 astenuti l’aula del Senato ha approvato la risoluzione delle forze di maggioranza (Pd, M5s, Lega, Leu, Italia viva, gruppo delle Autonomie) sulle comunicazioni del premier Mario Draghi sul Recovery plan. I senatori di Fratelli d’Italia si sono astenuti. 

Sono state respinte le altre due risoluzioni proposte al Senato riguardanti le comunicazioni del premier Draghi sul Recovery plan. Su entrambe il governo aveva dato parere negativo: quella depositata da Fratelli d’Italia ha avuto 19 sì, 232 no e 7 astensioni; l’altra, sottoscritta dalla senatrice del gruppo Misto, Bianca Laura Granato, ha avuto 242 no, 14 sì e 4 astensioni.

Il piano da 248 miliardi prevede 82 miliardi per la crescita del Sud. Un miliardo per alloggi studenteschi e mezzo miliardo per borse di studio. Oltre 18 miliardi per il superbonus (anche su alberghi e con condono in corso) e ‘importanti semplificazioni’ per l’ecobonus. Da maggio la mappatura per avere entro il 2026 la banda larga ovunque. Entro il 31 luglio legge delega per la riforma del sistema fiscale. Presentazione congiunta per Germania e Francia dei piani e domani alla Commissione Ue arrivano anche i progetti di Italia e Spagna.

“Oggi è un giorno positivo, non è una cosa di cui dispiacersi. E’ positivo per l’Italia. Questo Senato è stato protagonista nel disegno attraverso consultazioni e osservazione e sarà protagonista nell’attuazione del piano”. Lo dice il premier Mario Draghi nella replica nell’Aula del Senato.

“Al centro del piano c’è l’Italia, con le sue straordinarie qualità e le sue ormai storiche fragilità, su cui credo che tutti siamo d’accordo”. Bisogna “affrontarle e risolvere, questo piano ci dà l’occasione per farlo. E’ sì un disegno di progetto ma è anche occasione per riflettere: dobbiamo lavorare insieme, non solo qui dentro ma insieme con gli enti locali e con tutto il popolo italiano. Pensate che l’Italia resti la stessa dopo? Il piano avrà effetti sia economiche che sociali”: i progetti “si possono attuare solo se c’è accordo, volontà di successo non di sconfitta”.

Corruzione, stupidità, interessi costituiti continueranno ad essere i nostri nemici e sono certo saranno battutti. Ma c’è anche l’inerzia istituzionale che si è radicata per la stratificazione di norme negli ultimi 30 anni. Le riforme ci aiuteranno a superarle e per questo sono così importanti”, afferma Draghi. “Le riforme saranno adottate con procedimenti legislativi e il Parlamento avrà un ruolo determinante. La collaborazione di potere legislativo ed esecutivo è cruciale”.

Sarà importante evitare che i programmi straordinari al Sud siano compensati da una riduzione della spesa ordinaria. La prima lezione è però che il Sud non è stato discriminato: si potrà far meglio, rimediare a qualche mancanza, ma non c’è una discriminazione colpevole. La seconda lezione è che le risorse saranno sempre poche se uno non le usa. Per usarle certamente le riforme aiuteranno ma c’è una storica inerzia che non è colpevole ma si vede soprattutto nella fase di progettazione. Il governo ha previsto nel pnrr gruppi di lavoro che possono essere di aiuto in questa fase se graditi”. Lo dice Mario Draghi al Senato.

Il Recovery plan “nasce da una scommessa collettiva in Europa sulla capacità di spendere ma soprattutto spendere bene il denaro e l’Italia è in prima fila. Saremo responsabili del successo o della perdita di questa scommessa”.

“La sconfitta su questo fronte è grave perché a pagare il prezzo saremo noi ma anche per il futuro dell’Europa perché non sarà più possibile convincere gli altri europei a fare una politica fiscale comune, a mettere i soldi insieme. Mettere i soldi insieme e fare una politica fiscale comune torna a nostro beneficio perché siamo uno dei Paesi più fragili dell’Ue“. Lo dice il premier Mario Draghi nella replica in Aula al Senato.

Sul ponte sullo Stretto c’è una relazione pronta e sarà inviata dal ministro delle Infrastrutture al Parlamento”, afferma il premier.

LA REPLICA DI DRAGHI ALLA ALLA CAMERA – Tutti i punti

Il sì della Camera in mattinata, quello del Senato in tarda serata: il via libera del Parlamento italiano al Recovery Plan targato Mario Draghi arriva senza patemi per il governo. “Oggi è un giorno positivo per l’Italia”, è la chiosa del capo del governo. Entusiasmo e “gusto del futuro”, insomma, per una sfida epocale che Draghi ha voluto chiudere il prima possibile. “Il 30 aprile non è una data mediatica. Se consegnavamo il piano il 10 maggio i soldi arrivavano a giugno, o peggio, dopo l’estate”, sottolinea. Ed è dal giorno dopo l’invio del Pnrr a Bruxelles che, per il governo, comincerà la parte più difficile, a cominciare dalla partita delle riforme. “Senza di loro dispero di spendere bene questi soldi”, spiega il presidente del Consiglio richiamando i partiti a lavorare insieme: “c’è accordo se c’è volontà di successo”. Nelle due repliche, a Montecitorio e a Palazzo Madama, Draghi cerca di togliere ogni dubbio sulla sua figura di uomo solo al comando. “Non ho mai detto a Ursula von Der Leyen “garantisco io”, non è il mio stile”, sottolinea. Il tempo a disposizione per esaminare il Pnrr è stato minimo, e Draghi non lo sa. “Il governo ha profondo rispetto per le Camera”, rimarca non a caso l’ex governatore della Bce alla Camera. Dando la traiettoria di quando e come il Parlamento potrà influire: sui decreti attuativi delle sei missioni e delle riforme previste, ad esempio. Decreti che partiranno già a maggio, con il provvedimento sulle semplificazioni già in dirittura di arrivo. Il piano è ambizioso. L’importante, per Palazzo Chigi, è che non suoni utopistico. Con il Recovery Plan “l’Italia non sarà più la stessa”, promette Draghi. Che, rispetto alla corruzione e alle miopie di parte elencate nel suo intervento di lunedì alla Camera, individua un ulteriore nemico per il compimento del Pnrr: “l’inerzia istituzionale”. “Le risorse – avverte – saranno sempre poche se non si usano”. Il libro dell’Italia del futuro attraversa le Aule parlamentari senza scossoni. Alla Camera sono 442 i sì alla risoluzione di maggioranza alle comunicazioni del premier. E Fratelli d’Italia si astiene. Al Senato i numeri sono ugualmente bulgari. Ansa