Una famiglia italiana su 3 non è stata in grado di sostenere adeguatamente l’apprendimento a distanza dei bambini durante il lockdown: è quanto emerge da una ricerca UNICEF – Innocenti e Università Cattolica del Sacro Cuore, basata sulla somministrazione di questionari a 1.028 famiglie in tutta Italia.
Circa il 27% di queste ha riferito di non aver posseduto tecnologie adeguate durante il lockdown, mentre il 30% dei genitori di di non avere avuto tempo a sufficienza per sostenere i propri figli con la didattica a distanza.
Il 6% dei bambini non ha potuto partecipare alla didattica a distanza a causa di problemi di connettività o per la mancanza di dispositivi. “L’accesso a Internet e a dispositivi di qualità è stato necessario per la partecipazione dei ragazzi alla didattica a distanza, ma nonostante l’Italia sia un Paese con una connessione a internet diffusa, molte famiglie hanno incontrato difficoltà – spiega Daniel Kardefelt – Winther, responsabile della ricerca – le famiglie più numerose hanno incontrato difficoltà a tenere il passo con la crescente domanda di dispositivi per ognuno dei loro bambini che frequenta la scuola”.
Il 46% delle famiglie ha ricevuto nuovi dispositivi digitali dagli istituti scolastici frequentati dai loro bambini e una famiglia su quattro ha ricevuto un abbonamento a internet per accedere alla didattica a distanza.
“I nostri dati sono incoraggianti perché mostrano che la maggior parte dei bambini erano motivati a partecipare alla didattica a distanza. Inoltre, i genitori hanno notato risultati positivi della didattica a distanza sui loro figli, come una maggiore autonomia nell’uso delle tecnologie digitali per i compiti a casa e una maggiore indipendenza nella gestione delle attività scolastiche”, afferma Giovanna Mascheroni, Professore Associato di Sociologia dei Media all’Università Cattolica, ricercatrice nel campo di bambini e internet.
La condizione di lockdown, insieme alle attività di apprendimento online, hanno fatto sì che i bambini utilizzassero le tecnologie digitali con un aumento di 4-5 ore di connessione al giorno rispetto al periodo precedente al lockdown. Questo aumento può essere direttamente attribuito alla didattica online, mentre il tempo dedicato ad attività non scolastiche è stato ridotto a 2,3 ore rispetto agli anni precedenti. Sebbene i genitori possano essere preoccupati per il maggiore tempo passato davanti ad uno schermo da parte dei loro figli, il rapporto sottolinea che le ore trascorse online in attività extra scolastiche possono essere state l’unica opportunità per loro di mantenere un senso di normalità attraverso il contatto con gli amici, rilassandosi o addirittura facendo esercizio fisico.
Rispetto ai bambini e ai ragazzi, i genitori tendono ad esprimere maggiore preoccupazione per l’impatto del lockdown sul loro apprendimento. Nel complesso, molti studenti hanno dichiarato di essere entusiasti e ottimisti riguardo alla didattica a distanza e hanno avuto fiducia nella loro capacità di adattamento.
Tuttavia, i ragazzi più giovani (di età compresa tra i 10 e gli 11 anni) hanno mostrato una maggiore tendenza a preoccuparsi delle proprie capacità di riuscire a farlo. I genitori intervistati hanno anche auspicato un maggiore sostegno da parte delle scuole frequentate dai loro figli. Sebbene questi risultati indichino diverse aree di miglioramento necessarie, i genitori hanno anche notato spazi di crescita nella vita scolastica dei loro figli durante il periodo di lockdown.
Il 61% ritiene che i loro figli siano diventati più bravi a organizzare le loro attività scolastiche rispetto al periodo pre-chiusura. Inoltre, più del 70% dei genitori ha riferito che i loro figli hanno acquisito autonomia nell’uso delle tecnologie digitali per la scuola. Ansa