di Paola Di Caro
Il centrodestra è unito nel chiedere che si cambi «profondamente strada», pur con «sensibilità diverse». E una eventuale differenziazione sul sì o no a un governo istituzionale oggi «non è il tema», perché il centrosinistra sta provando «a ogni costo» a rimettere assieme una maggioranza che ha fallito, commettendo «un grave errore».
Silvio Berlusconi rilancia la proposta di un governo con le migliori forze del Paese, parla di Quirinale, del rapporto con Matteo Renzi, di legge elettorale, dei malumori nel suo partito e della «lealtà agli alleati». Con i quali discuterà sullo sviluppo della crisi senza chiedere «autorizzazioni» e «passo dopo passo».
Il capo dello Stato ha affidato un mandato esplorativo al presidente Fico: condivide?
«Le scelte del capo dello Stato non si giudicano, si accolgono con rispetto. In questo caso del resto il presidente Mattarella ha preso atto delle indicazioni dei partiti e ha compiuto una scelta dal profilo squisitamente istituzionale. Resto ovviamente convinto che tentare di riproporre la maggioranza uscente, con tutte le sue debolezze e le sue contraddizioni, sia un grave errore. Ma questo non dipende dal presidente della Repubblica».
Lei ha esperienza politica: come finirà questa crisi?
«Se c’è una cosa che l’esperienza insegna davvero, è proprio di non fare previsioni, specie di questi tempi».
Forza Italia chiede un governo «dei migliori», ma la Meloni pretende il voto e Salvini sembra non voler scoprire il fianco a destra…
«Come ho detto innumerevoli volte, siamo una coalizione, non un partito unico. È normale che ci siano sensibilità diverse. Però siamo tutti d’accordo — e lo abbiamo detto al capo dello Stato — sul fatto che è necessario cambiare profondamente strada».
Sarebbe disponibile a sostenere un governo di salvezza nazionale anche se i suoi alleati restassero fuori?
«Io ho detto e ripetuto che l’Italia in questo momento drammatico avrebbe bisogno di un governo di alto profilo, con tutte le forze migliori del Paese, mettendo da parte i conflitti e gli interessi di parte. Ne sono convinto e l’ho proposto più volte in questi mesi di fronte all’aggravarsi dell’emergenza, quella sanitaria e quella economica. E lo abbiamo anche dimostrato in Parlamento. Purtroppo la risposta dei partiti della sinistra è quella di provare a ogni costo a rimettere insieme i pezzi di una maggioranza che ha fallito e che non è stata in grado di dare una risposta adeguata all’emergenza. Di fronte a questo il tema non è certo il rapporto con i nostri alleati».
Ma lei diede il via libera a Salvini per dare vita al governo Conte, senza mettere in dubbio l’unità del centrodestra. Si aspetterebbe la stessa disponibilità nei suoi confronti dai suoi alleati?
«Questo è davvero un mito da sfatare: io non diedi nessun via libera a Salvini, che del resto non aveva certo bisogno della mia autorizzazione. Dissi dal principio che quel governo era un errore e infatti siamo rimasti coerentemente all’opposizione. Non per questo sono venute meno le ragioni per le quali ci siamo presentati insieme agli elettori e per le quali governiamo insieme la maggior parte delle regioni italiane. La nostra è una coalizione di forze politiche basata sul rispetto reciproco, sulla lealtà e sulla consapevolezza delle diversità. Nessuno deve autorizzare nessuno, si ragiona insieme passo dopo passo. Ma in questo caso il problema non si pone neppure, visto che la maggioranza uscente ha deciso di fare da sola».
Cosa pensa di Giuseppe Conte? Ritiene che un altro premier al suo posto potrebbe essere più attrattivo per i partiti d’opposizione?
«Non mi piace personalizzare le questioni e comunque tengo ben distinta la stima personale dal giudizio politico che non può che essere ovviamente negativo. Lo stesso vale per un eventuale nuovo governo: chi lo guiderà è l’ultimo dei problemi. Il tema vero, l’unico che ci interessa, è cosa farà per una nazione in crisi profonda, per i tanti italiani che hanno perso il lavoro o che rischiano di perderlo, per le aziende sull’orlo della chiusura, per i lavoratori autonomi, le partite Iva, i commercianti, gli artigiani, i lavoratori a contratto che hanno visto azzerarsi i loro redditi, per i giovani ai quali si sta negando il futuro. Cosa farà, questo nuovo governo, per costruire un credibile Recovery plan, per utilizzare i fondi del Mes, per i ristori, per un piano di vaccinazioni credibile e in tempi accettabili, per compensare adeguatamente i medici e il personale sanitario, per una diversa politica fiscale, per la giustizia, per la scuola statale e paritaria, per il mondo dello spettacolo… Devo continuare? Mi piacerebbe si discutesse di questo, non di alchimie di palazzo e di giochi parlamentari per spostare qualche senatore. L’Italia avrebbe diritto a un atteggiamento più dignitoso della sua classe dirigente».
Come giudica le mosse di Renzi? È possibile immaginare in futuro un rapporto più stretto con lui, visto che avete posizioni simili su più di un tema?
«Renzi dice spesso cose giuste, ma non sempre è conseguente con quello che dice. Il rapporto con lui dipende dalle scelte che farà».
Nel suo partito c’è chi chiede di non farsi «dettare la linea» da Salvini e Meloni, anche nella scelta di aprire a un governo istituzionale. Teme rotture, finora evitate con enorme sforzo?
«Ma quale enorme sforzo? Mi scusi, ma devo rifiutare questa visione distorta della realtà di Forza Italia. Nessuno in Forza Italia — e sottolineo “nessuno” — si fa dettare la linea da altri che non siano la nostra coscienza, i nostri valori, la nostra storia, l’impegno assunto con gli elettori. In un grande partito liberale ovviamente si discute, per fortuna ci sono sensibilità diverse, ma c’è un assoluto accordo sulla linea responsabile che abbiamo mantenuto in questi mesi e continuiamo a mantenere in questa crisi, guardando al Paese vero e ai suoi drammi e non ai giochi del teatrino della politica».
C’è chi sostiene che la sua fedeltà a Salvini e Meloni sia dovuta anche al fatto che loro le assicurerebbero il sostegno per il Quirinale: lei pensa a una candidatura?
«Il solo fatto che qualcuno abbia avanzato questa ipotesi è irrispettoso verso la più alta carica dello Stato, verso la mia storia personale e verso la nostra alleanza, che si basa su logiche di ben più alto profilo».
Se nascesse un governo con la stessa maggioranza dell’attuale, lei sarebbe comunque disponibile a discutere di riforme? E a cambiare la legge elettorale in senso proporzionale?
«Le riforme sono una materia che riguarda tutti e sulla quale ci deve essere sempre la massima convergenza possibile, al di là del rapporto maggioranza-opposizione. Lo stesso vale per la legge elettorale: al di là dei tecnicismi, deve essere tale da garantire che finalmente il governo torni a essere espressione della maggioranza degli italiani. Sa da quanto tempo non succede? Dal 2008, dalla nascita dell’ultimo governo Berlusconi. È questa, con l’uso politico della giustizia, la grande questione della democrazia nel nostro Paese». Corriere