Il Festival di Sanremo, il più importante e conosciuto concorso canoro italiano, è da oltre mezzo secolo considerato una delle più aggregative, seguite e commentate manifestazioni nazionali trasmesse in televisione. Non è sempre stato così. Cominciò come un evento ambizioso e ben organizzato, nel Casinò di Sanremo, ma senza ricevere – almeno inizialmente – le attenzioni mediatiche che oggi precedono e seguono lo svolgimento di ogni edizione. Era la sera del 29 gennaio 1951, un lunedì, quando nel salone del Casinò allestito per ospitare feste ed eventi il conduttore Nunzio Filogamo presentò ai clienti seduti ai tavoli, e non particolarmente attenti, il regolamento del concorso, l’orchestra e gli interpreti – erano tre soltanto – del primo Festival della canzone italiana.
Prima del Festival di Sanremo
Nel 1951, in Italia, i festival di musica leggera più conosciuti erano in larga parte ancora associati alla canzone dialettale. In precedenza avevano ottenuto grande seguito il Festival di San Giovanni, che si svolgeva a Roma e dal 1891, e il Gran Festival di Piedigrotta, a Napoli e dal 1898. Alla prima edizione del concorso di Piedigrotta era stata presentata tra l’altro una delle più famose canzoni italiane al mondo, “’O sole mio”, composta da Eduardo Di Capua (che arrivò seconda).
Benché alcuni tentativi fossero stati compiuti – il più famoso quello del Festival del Carnevale di Viareggio, nel 1948 e nel 1949 – di fatto all’inizio degli anni Cinquanta non esisteva ancora una rassegna di canzoni in lingua italiana di estesa popolarità. Sulle pubblicazioni del servizio radiofonico nazionale, cominciate con il ventennio fascista, circolava l’idea che le canzoni “leggere” presentassero prevalentemente o caratteri dialettali o elementi presi in prestito da generi e stili nati in altri paesi. «La canzone italiana, che discende dai canti napoletani e dalle romanze e si collega a una tradizione lirica insigne ma scarsa di evoluzioni recenti, è andata particolarmente soggetta all’influsso della musica popolare afro-americana e ispano-americana, ed è venuta a mancare, negli ultimi anni, di un carattere originale e vivo», scrisse nel 1951 il Radiocorriere, il periodico della RAI dedicato ai palinsesti, presentando alcune nuove iniziative in programma.
Il Festival della canzone italiana a cui stavano pensando a Sanremo, nel contesto storico del secondo dopoguerra e fin da subito con il sostegno della RAI, nacque però per esigenze più stringenti e misurate. Una parte dei promotori lo concepì prima di tutto come un modo per intrattenere i clienti del Casinò municipale della città, riaperto dopo la guerra, e possibilmente attirarne di nuovi.
Sanremo nel secondo dopoguerra
Nelle intenzioni dei suoi ideatori a Sanremo il Festival avrebbe dovuto «ravvivare con una rassegna di canzoni la cena dei pochi clienti che in un qualsiasi lunedì sera di gennaio transitavano nel locale prima di andare al tavolo da gioco», sintetizza Leonardo Campus nel libro Non solo canzonette. Alla fine degli anni Quaranta la giunta comunale aveva nominato una commissione speciale che studiasse una serie di iniziative e opere per rivitalizzare la città e le sue principali attività. Amilcare Rambaldi, un ex partigiano socialista, presidente dell’Ente comunale di assistenza ed esperto commerciante di fiori, era stato chiamato a far parte della sottocommissione artistica.
La commissione suggerì l’istituzione di un festival cinematografico, un’accademia d’arte drammatica, una scuola di danza, un torneo di bridge, un conservatorio musicale e un festival della canzone di taglio internazionale. «Io pensavo che la manifestazione dovesse presentare la migliore produzione non solo italiana; avevo nella testa, allora, la musica di Glenn Miller, Cole Porter, Duke Ellington, George Gershwin», disse poi Rambaldi. Molte di quelle proposte furono scartate ma l’idea del Festival arrivò alle orecchie di Pier Bussetti, l’ex imprenditore turistico che nel 1949 aveva ottenuto dal Comune l’appalto per la gestione del Casinò. Pensò di farne una rassegna di canzoni italiane dopo aver apprezzato l’idea alla base del Festival di Viareggio, nato da un paio d’anni ma annullato nel 1950 per mancanza di finanziamenti.
Rambaldi aveva intanto tirato dentro anche Angelo Nizza, autore radiofonico appassionato di musica jazz e già conosciuto e apprezzato per la trasmissione di successo I Quattro Moschettieri. Dal 1947 Nizza aveva assunto la guida dell’Ufficio Stampa, Turismo e Manifestazioni del Casinò, mantenendo la carica per la sua influenza oltre che per la riconosciuta competenza anche dopo che la gestione del Casinò passò dal Comune a Bussetti. Rambaldi, Nizza e Bussetti sono oggi generalmente ricordati come le tre figure più importanti per la nascita del Festival.
La prima edizione
Il regolamento della prima edizione del Festival della canzone italiana, pubblicato in un bando sul Radiocorriere, prevedeva che le composizioni fossero inedite, prerequisito poi mantenuto nel corso degli anni. Il maestro di musica Giulio Razzi, direttore dell’Ente radiofonico nazionale, peraltro nipote di Giacomo Puccini, selezionò venti canzoni tra le 240 composizioni pervenute. Razzi fu anche il principale responsabile dei contatti con le case editrici musicali che avrebbero poi pubblicato i dischi.
Le canzoni furono presentate al pubblico per la prima volta lunedì 29 gennaio 1951, nella prima di tre serate dal palco del Salone delle Feste del Casinò, sede del Festival fino al 1977 prima che la direzione decidesse di spostare la manifestazione al Teatro Ariston. Il pubblico presente in sala era raccolto intorno a dei tavolini da café-concert e non era – secondo le fonti più attendibili e citate – particolarmente numeroso, tanto che fu necessario cercare persone da sistemare ai tavolini rimasti vuoti. A condurre la manifestazione c’era il già conosciuto e apprezzato presentatore radiofonico Nunzio Filogamo, che introdusse così la prima edizione:
Signori e signore, benvenuti al Casinò di Sanremo per un’eccezionale serata organizzata dalla Rai, una serata della canzone con l’orchestra di Cinico Angelini. Premieremo, tra 240 composizioni inviate da altrettanti autori italiani, la più bella canzone dell’anno. Le 20 canzoni prescelte vi saranno presentate in due serate e saranno cantate da Nilla Pizzi e da Achille Togliani con il duo vocale Fasano.
Il Festival fu trasmesso sulla Rete Rossa, una delle due reti del sistema radiofonico italiano (l’altra era la Rete Azzurra), già RAI dal 1945. Cinico Angelini, apprezzato direttore d’orchestra piemontese, era già una figura nota in tutto il paese, insieme al collega Pippo Barzizza, per aver lavorato in radio fin dagli anni Trenta. Per quella prima edizione diresse un’orchestra composta da otto elementi, tutti sul palco, con i cantanti seduti su un lato ad attendere ciascuno il proprio turno. Il programma prevedeva che nella prima serata venissero presentate dieci canzoni e nella seconda serata le altre dieci. Le cinque migliori della prima serata e le cinque migliori della seconda, secondo i voti espressi dal pubblico presente in sala dopo ciascuna esecuzione, sarebbero state ammesse alla terza serata, quella finale.
I cantanti erano Achille Togliani, Nilla Pizzi e il duo Fasano, composto dalle sorelle gemelle torinesi Dina e Delfina Fasano. Tutti avevano già avuto precedenti esperienze in radio con il direttore Angelini, e Togliani era anche noto per alcuni fotoromanzi e per una presunta relazione con Sophia Loren, all’epoca giovanissima. Nilla Pizzi era una cantante bolognese di trentuno anni già conosciutissima come interprete radiofonica. Fu Angelini, autore degli arrangiamenti di tutte le canzoni, ad assegnare l’esecuzione a un interprete o all’altro, tenendo in conto le qualità e attitudini di ciascuno.
A vincere quella prima edizione fu la canzone “Grazie dei Fiori”, cantata da Nilla Pizzi e scritta da Gian Carlo Testoni, Mario Panzeri e Saverio Seracini, tutti autori che – come Nilla Pizzi – ottennero in seguito maggiore popolarità ma che già si erano fatti notare per le loro esperienze in radio. Al secondo posto si classificò “La luna si veste d’argento”, cantata da Pizzi e Togliani e scritta da Vittorio Mascheroni e Ornella Ferrari, nota con lo pseudonimo Biri. In terza posizione finì “Serenata a nessuno”, cantata da Togliani e scritta da Walter Colì.
“Grazie dei Fiori” fu pubblicata dalla casa editrice musicale Cetra in un disco a 78 giri, giudicato poi un buon successo per l’epoca (vendette 36mila copie). «Tre canzoni, tre motivi melodici, dolci e sentimentali: un punto ancora a favore di questa nostra epoca che di sentimentale ha così poco, che vive sotto il segno della velocità, ma che ama ancora il lento scorrere dei ben ritmati versi uniti al pianto di un violino», scrisse nei giorni seguenti il Radiocorriere commentando le prime tre canzoni classificate in un articolo intitolato Il mondo cambia, le canzoni no. IlPost