Recovery, Renzi: “Senza accordo le ministre si dimetteranno”

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Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi.

Il Recovery plan proposto da Giuseppe Conte è un “collage raffazzonato senz’anima”. Parte da una stroncatura senza appello di Matteo Renzi, l’ultimo tentativo di rimettere insieme i pezzi della maggioranza ed evitare che le dimissioni delle ministre di Iv aprano la crisi di governo.

Il “Ciao”, il contro-piano renziano, sembra fin dal nome voler liquidare il premier, anche perché le richieste renziane sono difficili da digerire, non solo per Conte ma anche per il M5s: dalla rinuncia alla delega ai Servizi, allo ius culturae per gli universitari stranieri, al Mes. Ma l’affondo di Iv ancora non c’è. E Pd, M5s, Leu rilanciano con le loro proposte.

Martedì al ministero dell’Economia Roberto Gualtieri ed Enzo Amendola vedranno le delegazioni di Pd e M5s, mercoledì Leu, Iv e Autonomie per preparare il terreno del confronto, prima di un incontro plenario con tutti i partiti. Solo dopo, forse a cavallo dell’Epifania, Conte convocherà il Consiglio dei ministri sul Recovery. Se intesa ci sarà, potrebbe essere un primo tassello di un più ampio accordo di governo, che potrebbe passare da un rimpasto “pilotato”, che eviti una crisi al buio dall’esito – concordano tutti i partiti – imprevedibile.

Ma se non ci sarà intesa, continua a minacciare Renzi, “faranno senza Iv”. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, le cui parole sono attese nel discorso di fine anno, osserva l’evolversi della situazione. In ambienti parlamentari c’è chi, interpretando il pensiero del capo dello Stato, ritiene difficile l’ipotesi della nascita di un governo Conte ter, che passi dalle dimissioni del premier e consultazioni per un nuovo governo. Diverso – forse più praticabile – il caso in cui Conte proponesse alcuni cambi nella sua squadra di governo con un rimpasto su cui chiedere una nuova fiducia in Parlamento.

A margine dei lavori sulla manovra continuano a rincorrersi voci, nonostante le smentite, di un ingresso di Renzi o Ettore Rosato nel governo, con cambi al Viminale (che andrebbe al Pd o a Di Maio) e alle Infrastrutture. Solo ipotesi, per ora. Il Pd continua a smorzare le tentazioni di crisi rilanciando sul piano delle proposte per “cambiare l’Italia” con il Recovery e sostenendo che l’unica alternativa a questo governo sono le elezioni, magari con un’alleanza Pd-M5s (Renzi si tira fuori) e una lista Conte.

Intanto i presidenti dei gruppo parlamenti di LeU, Loredana De Petris e Federico Fornaro hanno presentato al presidente del Consiglio “le osservazioni e le proposte di Liberi e Uguali per il Recovery Plan italiano. Nel documento abbiamo ritenuto fondamentale riaffermare che i fondi destinati alla Sanità, pari ad appena 9 mld, sono largamente insufficienti, anche tenendo conto di alcuni programmi trasversali”, hanno detto.

“Il Servizio sanitario nazionale – hanno spiegato Fornaro e De Petris – ha per noi un’importanza strategica decisiva. E’ quindi necessario l’investimento di ben più ampie risorse soprattutto sul fronte dell’assistenza di prossimità e della medicina territoriale. Salute, quindi, ma anche ambiente, infrastrutture sociali, istruzione e ricerca, mobilità sostenibile e mezzogiorno gli assi portanti delle nostre priorità”.

“L’intero impianto del programma Next Generation Eu – proseguono i due capigruppo – lega la crisi sociale e quella ecologica. E’ dunque necessario abbandonare l’impostazione micro progettuale per adottare una visione complessiva, quella che papa Francesco ha definito ‘Ecologia integrale’, rifiutando quindi qualsiasi operazione di greenwashing e di dispersione delle risorse in microprogetti”.

“Nel documento oltre ad aver segnalato l’inadeguatezza di alcuni dei progetti proposti, chiediamo la revisione, non più rinviabile, degli obiettivi del PNIEC, investimenti massicci in idrogeno verde e non blu, impegno a un uso solo residuale del gas come risorsa energetica. Sono urgenti poi maggiori investimenti nella forestazione urbana e nell’economia circolare, nonché la transizione energetica dell’edilizia residenziale pubblica per consentire una maggiore equità sociale. Gli obiettivi di mitigazione della crisi climatica e ambientale necessitano altresì di investimenti per agricoltura e mobilità sostenibili, proseguono i capigruppo di LeU”.

“Riteniamo un errore grave e da correggere – aggiungono – il non aver considerato le infrastrutture sociali come asse strategico. Si tratta infatti di un intervento decisivo per garantire la terza linea strategica del NGEU, quella dell’inclusione sociale. Altrettanto inspiegabile è poi la quasi scomparsa dalla bozza degli investimenti volti a colmare il divario tra il Sud e il resto d’Italia, tra i principali destinatari dei 209 miliardi del PNNR. E’ infine necessario investire nel potenziamento della didattica e nel diritto allo studio in favore dei redditi più bassi e rafforzare la ricerca pubblica, concludono i presidenti dei gruppi di LeU”.