Matteo Renzi, come un ciclista esperto, in quest’ultimo mese ha intrapreso la sua volata per non chiudere l’anno da comprimario e ricordare ai suoi alleati che ha ancora la piena facoltà di decidere del destino di un governo che è nato grazie a un suo voltafaccia. “Renzi, di fatto, quest’anno non è al potere. Il potere è nelle mani del Pd e del M5S, ma il leader di Italia Viva, sebbene abbia due ministre, conta poco. Esiste solo in dichiarazioni”, spiega il sondaggista Nicola Piepoli, intercettato telefonicamente da ilGiornale.it. Una posizione molto severa, ma in parte condivisa anche dai renziani. “Renzi ha vissuto ‘un anno da mediano’”, ammette il deputato Michele Anzaldi che, però, assicura: “dopo avere salvato legislatura dopo Papete, adesso salveremo i 209 miliardi del Recovery, vitali per il Paese”.
È innegabile, però che, se una pandemia non avesse colto tutti di sorpresa, il leader di Italia Viva avrebbe ‘silurato’ il premier Giuseppe Conte già lo scorso febbraio, quando imperversava la polemica sulla riforma della prescrizione. Proprio la mozione di sfiducia presentata a maggio dalle opposizioni nei confronti del Guardasigilli Alfonso Bonafede poteva essere il casus belli perfetto per mandare all’aria il governo Conte-bis, ma l’emergenza sanitaria ha moralmente costretto Renzi a salvare il ministro grillino. Votare contro Bonafede che ricopre anche il ruolo di capo-delegazione del M5S significava mettere a rischio il governo. Renzi, messo con le spalle al muro, pronuncia dunque il suo discorso più difficile e motiva così la sua scelta:“Credo che se votassimo oggi, secondo il metodo che ella, signor ministro della giustizia, ha utilizzato nella sua esperienza parlamentare, nei confronti dei membri dei nostri governi, lei oggi dovrebbe andare a casa: Angelino Alfano, Federica Guidi, Maria Elena Boschi, Maurizio Lupi, Luca Lotti, Claudio De Vincenti. Ma noi non siamo come voi!”.
Il 2020 è stato “un anno difficilissimo per il Paese, diciamo non è l’anno giusto per pensare di radicare un nuovo partito. Ma noi siamo un po’ come l’Italia, ci rimbocchiamo le maniche e ci mettiamo al lavoro con più forza quando le cose sono più difficili”, ci confida il coordinatore nazionale Ettore Rosato. E, in effetti, il progetto di Italia Viva appare come un’opera incompiuta ancora incapace di attrarre voti, alla luce soprattutto dei risultati non esaltanti delle ultime elezioni Regionali. Renzi pensava e sperava di raggiungere il 10% almeno nella sua Toscana, ma si è dovuto accontentare del 4,5%. Attualmente, invece, Italia Viva, a livello nazionali, è data attorno al 3%, stabilmente sotto rispetto alle stime che vengono attribuite ad Azione, il movimento dell’ex ministro Carlo Calenda.
Renzi, dal punto di vista elettorale, paga pegno per i suoi continui bluff. Oggi nessuno crede che lui sia realmente pronto a far cadere il governo sul Mes o sul Recovery Fund, rischiando di sparire dal Parlamento portando il Paese alle urne mentre imperversa ancora la pandemia. Il deputato toscano di FdI Giovanni Donzelli, che conosce bene il senatore di Scandicci, ne è sicuro: “Renzi ormai rincorre il suo stesso ego, sbraita sul seggiolone come un bambino cercando attenzione senza riuscirci. Poi per sedarlo bastano due poltrone in più”. Il politologo Luca Ricolfi ne è altrettanto sicuro: “È inutile che si agiti tanto perché è lui che ha voluto i Cinquestelle al governo e, ora, ne trae le conseguenze. Dato che non vuole andare al voto è inutile che finga di volerci andare”. E, infine, chiosa: “Se entriamo nel merito ci sono tantissime belle cose che dice però non è credibile. Renzi, se non ci fossero i media, non esisterebbe”. IlGiornale