di Alessio Grancagnolo
La riduzione del numero dei parlamentari è giustificata, nella logica populista dei suoi fautori, dal risparmio che ne deriverebbe per le casse dello Stato. Ma a quanto ammonterebbe questo tanto declamato risparmio? Secondo le stime più attendibili, elaborate dall’Osservatorio sui conti pubblici italiani (OCPI), si attesterebbe sui 57 milioni di euro l’anno (lo 0,007% della spesa pubblica). Se dividiamo questa cifra per 60 milioni di cittadini otteniamo un risparmio di 0,95 euro annui pro capite. Meno di un euro a testa. Il famoso caffè all’anno, per ogni cittadino.
Ogni anno le spese militari sostenute dal nostro Paese ammontano a 24,7 miliardi. Significa circa 67,7 milioni al giorno. In questo caso, il costo pro capite è poco più di quello di un caffè, ma al giorno (e non all’anno).
Ben 365 caffè all’anno per ogni cittadino. E avanza pure qualcosa per prendere qualche colazione. Insomma: tagliando, anche di un solo giorno, le spese per esercito e armamenti, risparmieremmo più che con il taglio dei parlamentari in un anno.
È prioritario ridurre drasticamente le spese militari e attuare l’art. 11 della Costituzione, secondo cui “L’Italia ripudia la guerra”. Sono questi gli sprechi da tagliare. Ridurre il numero dei parlamentari, invece, significa solo tagliare democrazia e rappresentanza, rendendo il sistema costituzionale complessivamente più oligarchico, specialmente se, come sembra, la prossima legge elettorale manterrà i listini bloccati, lasciando il potere di designare i parlamentari nelle mani delle segreterie di partito.
E su una cosa non ho alcun dubbio: preferisco di gran lunga un F35 in meno e un rappresentante in Parlamento in più.