L’ultimo sciopero (con barricate dal porto alle spiagge) risale ai tempi di Berlusconi premier quando 4 mila tunisini, spinti dalla fuga dopo la «rivolta del pane», bivaccarono per una settimana appollaiati sul pendio sotto la pista dell’aeroporto di Lampedusa. La «collina del disonore», si disse. Il 2011 è lontano, ma in quest’isola nuovamente invasa da migranti si parla ancora una volta di sciopero generale, di blocco di navi e aerei. Per protesta contro il governo, accusato anche dal sindaco Totò Martello di non riuscire a mantenere la promessa di dirottare altrove il continuo flusso di disperati.
Promessa sfumata nella notte fra sabato e domenica con un’ondata di arrivi. Un assedio di barconi stracarichi e piccoli natanti che hanno trasformato l’hotspot in un inferno con circa 1.500 ospiti, quasi dieci volte più del consentito. E bisogna ritenere tutto questo una fortuna. Perché se le motovedette della Guardia costiera e della Finanza non fossero intervenute prima dell’alba a 4 miglia dalla costa, forse un barcone con 370 migranti a bordo, compresi 33 minori e 13 donne, si sarebbe capovolto a causa del forte vento di scirocco.
Tirato un sospiro di sollievo per la tragedia scansata, Lampedusa si è svegliata con altri venti di tempesta. A tuonare non è solo Angela Maraventano, la pasionaria della Lega, parlamentare ai tempi di Bossi. Perché sbotta sfinito anche il sindaco un tempo comunista, mentre gli ultimi arrivati si accampavano in locali della parrocchia. Uomo riflessivo, Martello aveva preso le distanze da Nello Musumeci nel match fra il governatore e il ministro Lamorgese sull’ordinanza di sgombero degli hotspot. Ma adesso, arrabbiato come i leghisti, parla di «angherie del governo»: «Siamo al collasso, l’isola sciopera. A Lampedusa lo Stato non esiste. Occorrono interventi immediati. Con 1.500 presenze la situazione è insostenibile. Se continua il silenzio di Roma, sarà direttamente la giunta comunale a dichiarare lo sciopero. Bloccando tutto. Non è possibile continuare a sopportare queste angherie…».
La pensano diversamente su tutto, ma l’oppositrice leghista di Martello, sembra apprezzare e rilancia: «Siamo stanchi di essere letteralmente invasi. I migranti vanno rimpatriati immediatamente. Impediremo con tutte le nostre forze di farli passare». Un clima rovente, segnato anche dalla «minaccia» di Martello rivolta con una lettera al presidente tunisino Kais Saied, accusato di non bloccare le partenze di decine e decine di barchini dalle sue coste: «Adesso mi metto io su una barca, sulla stessa rotta, e vengo in Tunisia…».
Un modo per sottolineare l’inefficacia delle trattative annunciate dal Viminale dopo alcuni incontri con il governo tunisino. Materia che il governatore Musumeci vorrebbe affrontare in Consiglio dei ministri. Rivendicando la sua stessa presenza a Palazzo Chigi: «Il presidente Conte convochi il Consiglio per affrontare l’emergenza di questi mesi, divenuta insopportabile in queste ore. Lo chiedo da presidente di una Regione che, come prevede lo statuto autonomistico, ha diritto di partecipare al Consiglio quando si affrontano decisioni che riguardano la mia isola. Lo chiedo con rispetto, ma con fermezza. Non costringete i lampedusani a scioperi e serrate».
Ha buon gioco Matteo Salvini a parlare di «un’immigrazione che ormai è un’invasione e di cui il governo Conte è complice». Ma dal Viminale rispondono annunciando l’arrivo nell’area di Lampedusa di altre tre navi «in aggiunta alle due già operanti, per la sorveglianza sanitaria dei migranti irregolari». La prima approderà nell’isola entro stanotte, dicono. Le altre due entro mercoledì. E circa 300 migranti dovrebbero essere trasferiti entro oggi in altre località. Annunci con i quali si spera di arginare i blocchi. Corriere