Poveri. Ci avevano provato veramente in tutti i modi, i sinceri democratici e i simpatizzanti del mondo arcobaleno, a minimizzare quanto accaduto a Lizzano, paese in provincia di Taranto il cui sindaco martedì sera – mentre i carabinieri stavano identificando degli attivisti Lgbt che protestavano fuori dalla chiesa di san Nicola, dove dei fedeli pregavano per la famiglia e contro il ddl Zan – ha poco democraticamente chiesto a costoro di andare «prima da quelli che stanno dentro».
Hanno sostenuto che quell’incontro di preghiera era stato convocato con un volantino pieno di parole d’odio: falso, quel volantino – pubblicato anche da Open, non un giornale cattolico – recitava: «Rosario per la famiglia (per difenderla dalle insidie che la minacciano, tra cui il Disegno di legge contro l’omotransfobia)». Hanno evidenziato che i carabinieri erano stati chiamati dal parroco, don Giuseppe Zito: e allora? Egli temeva semplicemente disordini, mica ha chiesto di identificare o schedare qualcuno.
Hanno, ancora, provato a dire che, se passasse la legge contro l’omotransfobia per il naufragio parlamentare della quale nella chiesa di San Nicola si stava pregando, nulla cambierebbe per simili incontri di preghiera. Ecco, sono stati smentiti pure su questo. Parola di Massimo Battaglio, attivista Lgbt e firma del portale Progetto Gionata, il quale ha scritto su Facebook: «Mi dispiace per il parroco di Lizzano, ma questa è precisamente una di quelle azioni che, giustamente, la legge Zan potrebbe punire».
«Sfido chiunque a credere», ha aggiunto Battaglio, «che si tratti davvero di una preghiera da non considerare come gesto provocatorio e di istigazione all’odio. Fateli pure, i vostri rosari blasfemi. Saranno gli ultimi». Che dire: finalmente! Per anni ci avevano assicurato che una legge contro l’omofobia serviva a tutelare gli omosessuali aggrediti (ovviamente già tutelati dal nostro ordinamento), ora vuotano il sacco: la norma servirebbe solo ad imbavagliare chi osa pregare per la famiglia. Liberticidi e fieri di esserlo. Olé.