A una settimana dall’incendio nella cattedrale di Nantes, nell’ovest della Francia, il volontario ruandese della diocesi, che era stato fermato e poi rilasciato, ha confessato di aver provocato le fiamme accendendo i tre inneschi all’interno della chiesa. L’avvocato del volontario, in difficoltà con il rinnovo del permesso di soggiorno, ha detto che il suo cliente era “pieno di rimorsi” e che la confessione è stata “una liberazione”.
“Il mio cliente ha collaborato”, ha detto al quotidiano locale Presse-Océan Quenin Chabet, l’avvocato di Emmanuel, 39 anni, il ruandese che – da volontario della diocesi – aveva avuto l’incarico di chiudere la cattedrale la sera prima dell’incendio. “In preda ai rimorsi”, Emmanuel “ha ammesso davanti al giudice istruttore – ha confermato il procuratore di Nantes Pierre Sennès – di aver acceso i tre inneschi nella cattedrale, vicino al grande organo, al piccolo organo e ad un contatore dell’elettricità”. L’incendiario è un ruandese rifugiato da alcuni anni in Francia. Secondo il rettore della cattedrale, Hubert Champenois, Emmanel “serviva la messa” ed era spesso incaricato della pulizia o della chiusura della cattedrale. Era stato fermato il giorno stesso dell’incendio, il 18 luglio, poi rilasciato il giorno seguente. Gli inquirenti non avevano trovato traccia di effrazione sulle porte di accesso all’edificio. Adesso rischia 10 anni di carcere ma le autorità giudiziarie dovranno verificare prima la sua situazione di rifugiato. Sembra che negli ultimi mesi, infatti, il ruandese fosse molto contrariato per le difficoltà nell’ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno in Francia.
Il 18 luglio scorso un grave incendio si è sviluppato all’interno della cattedrale della città del nord-ovest della Francia. Pierre Sennès, il procuratore della Repubblica di Nantes, nella stessa giornata aveva annunciato che gli inquirenti avevano ritrovato “tre inneschi di fuoco”, uno accanto all’organo e gli altri due ai lati della navata. “Non è il frutto del caso – ha aggiunto esplicitamente -, i tre inneschi erano piuttosto lontani uno dall’altro”. Ansa